Coronavirus, l’intelligence invia un dossier a Conte: Contagi sottostimati del 50%

E se il numero dei contagi da Coronavirus in Italia fosse superiore del 50%? Significherebbe che sui bollettini quotidiani di Protezione civile e ministero della Salute sarebbero dovuti finire il doppio dei casi effettivamente riportati in questi mesi. Cifre davvero impressionanti se si considera che i casi totali di Covid nel nostro Paese sono 2,52 milioni, fino ad ora. È quanto sostiene l’intelligence in un dossier inviato al premier uscente Giuseppe Conte ed è un’ipotesi che potrebbe avere un fondamento scientifico dal momento che l’Istituto superiore di sanità non lo esclude.

Nel rapporto, consegnato al governo e svelato da Repubblica, l’intelligence parla di una sottostima del 50% dei casi, rispetto a quelli registrati ufficialmente. “Questo è possibile – ha spiegato la direttrice del reparto Malattie prevenibili da vaccino, Paola Stefanelli, dell’Istituto Superiore di Sanità -. Nei sistemi di sorveglianza spesso c’è una quota che può essere sottostimata dei casi che vengono normalmente diagnosticati e notificati”. Proprio oggi, in conferenza stampa, il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri ha detto che “un italiano ogni 23 è stato contagiato dal virus da inizio epidemia“.

Secondo gli 007, questa grande discrepanza tra casi effettivi e casi conteggiati risiederebbe nel drastico “calo del numero dei tamponi avvenuto a metà novembre 2020″, come riporta il documento inviato all’esecutivo. Da questa sottostima gli analisti dell’intelligence deducono che la curva epidemiologica non sta piegando verso il basso tanto quanto invece attestano i bollettini e i monitoraggi diffusi ogni giorno dal ministero della Salute e dalla Protezione civile e che, in secondo luogo, i dati al momento sono per lo più inattendibili, vista la pesante differenza con quelli reali. In quanto inattendibile sono anche difficili da analizzare e da usare come base per prendere decisioni mirate relative alle misure per il contenimento del Covid.

“Osservando le terapie intensive nella parte finale dell’anno 2020, si può dedurre che vi è stata una fase di ripresa dell’epidemia verso la metà dicembre” si legge nel rapporto. “Una ripresa che non è stata rilevata né tracciata dai numeri nazionali, proprio a causa dei pochi test effettuati in quel periodo”. Responsabile dell’epidemia fuori controllo sarebbe dunque – secondo l’intelligence – la cattiva gestione del piano di tamponi che avrebbe dato luogo a un contact tracing fallimentare e inattendibile. Ad aggravare il quadro “l’introduzione dei test rapidi che ha reso impossibile un confronto con le serie storiche passate. Alcune Regioni, inoltre, non fanno distinzione tra il test molecolare e il rapido – conclude il dossier – e ciò ha evidenti ripercussioni sul calcolo di tutti i valori, tra cui il rapporto positivi/tamponi”.