Eutanasia, chiuso il caso Trentini: assolti Mina Welby e Marco Cappato

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Il fatto non sussiste. Per questo i giudici della Corte di Assise di Massa hanno assolto Marco Cappato e Mina Welby. I due, copresidente e  il tesoriere dell’associazione Coscioni, non sono responsabili della morte di Davide Trentini, 53enne malato di sclerosi multipla, che fu accompagnato in Svizzera perché deciso a mettere fine alla sua vita.

Ha vinto la difesa, i giudici hanno accolto le richiesta dell’avvocato Filomena Gallo, segretario dell’Associazione Coscioni da sempre in prima linea sui diritti civili, le libertà personali. La procura aveva chiesto 3 anni e 4 mesi. “Chiedo la condanna ma con tutte le attenuanti generiche e ai minimi di legge. Il reato di aiuto al suicidio sussiste, ma credo ai loro nobili intenti. È stato compiuto un atto nell’interesse di Davide Trentini, a cui mancano i presupposti che lo rendano lecito. Colpevoli sì – aveva detto il pm di Massa Marco Mansi – ma meritevoli di alcune attenuanti che in coscienza non mi sento di negare”.

Trentini è morto il 13 aprile 2017 in Svizzera col suicidio assistito. Cappato lo sostenne economicamente, attraverso l’associazione Soccorso civile, nella sua decisione. Welby lo accompagnò. Il giorno dopo entrambi si presentarono ai carabinieri di Massa per autodenunciarsi. L’ennesimo atto di disobbedienza civile affinché cambino le leggi.

Una sentenza che arriva dopo oltre due anni di udienze per la copresidente e  il tesoriere dell’associazione Coscioni e che va oltre quella di Milano nel dicembre 2019, quando Cappato fu assolto dall’identica accusa per dj Fabo, il quarantenne milanese tetraplegico, in base al pronunciamento della Corte Costituzionale.

“Oggi sono molto felice – ha commentato Mina Welby dopo la lettura della sentenza, ricordando il marito – Quel 20 dicembre del 2006 prima di morire Piergiorgio mi disse: promettimi che andrai avanti e che non ti fermerai. E oggi posso dirgli che sono andata avanti e che non mi fermerò mai“. Poi ha ricordato che l’obiettivo rimane quello di ottenere la legge: “Serve per garantire un diritto a tutti i cittadini. Non possiamo più accettare che ci sia una discriminazione sulla base della tecnica con cui sei tenuto in vita, e non invece un diritto di libertà che dipende dalla tua volontà e dalla tua sofferenza”. Poi ha ripetuto che l’azione di disobbedienza civile continuerà fino a quando il Parlamento non si sarà assunto la responsabilità che fino ad ora non si è assunto”.