Le imprese vicentine chiudono il 2021 in netta crescita, ma a preoccupare è l’anno in corso

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La produzione nella nostra provincia continua a salire dopo la paura causata dalla pandemia. I dati della 154^ indagine congiunturale condotta da Confindustria Vicenza, relativa all’ultimo trimestre 2021 sono significativi e registrano una crescita importante ma si teme che il 2022 possa subire un importante rallentamento. A preoccupare le imprese vicentine non è più l’emergenza sanitaria, che in questo periodo sta mollando la presa, ma bensì gli aumenti di materie prime ed energia.

La Presidente di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia commenta: “Pericolosissimi per l’occupazione il caro materie prime ed energia, uniti ai paletti fuori dalla realtà – stabiliti per la transizione ecologica. Le difficoltà si superano con studio, scienza, tecnica e applicazione industriale. Bene l’annuncio di Draghi di 30 miliardi da dedicare a istruzione e ricerca”. Tanto è stato fatto dal punto di vista della sinergia tra imprenditori, la crisi sanitaria ha portato ad unire le forze per guardare avanti assieme ed affrontare nuove strategie. “Con la grande forza di un tessuto industriale di caratura internazionale –continua Dalla Vecchia-, abbiamo concluso molto bene l’anno del rilancio. Ora, però, le condizioni internazionali e anche nazionali, vedasi la drammatica questione dei prezzi dell’energia per imprese e privati, sono profondamente diverse: nel 2022 dobbiamo pensare che stiamo ripartendo da capo”.

 

Per quanto riguarda la produzione nel quarto trimestre 2021 le imprese vicentine hanno fatto registrare un aumento del 10,9% rispetto allo stesso periodo del 2020, che fu influenzato dalle difficoltà operative di molte attività (-1,9% fu il calo produttivo registrato).
Il livello produttivo pre-covid risulta così già ampiamente superato.
L’indice medio annuale della produzione nel 2021 (105,2) ha infatti superato non solo quello del 2020 (92,1); ma anche il livello pre-pandemia del 2019 (102,8) e si colloca poco al di sotto del massimo storico registrato nel 2007 (106,4).
Il 66% delle aziende dichiara aumenti della produzione, a fronte del 10% delle ditte che evidenzia invece una flessione. Il saldo di opinione è così pari a +56 (+52 nel precedente trimestre; -9 nel IV trimestre dello scorso anno).
Il numero di aziende che denuncia un livello produttivo insoddisfacente è pari al 22% del totale (21% nel precedente trimestre, 41% un anno fa).

Per quando riguarda il mercato interno, il fatturato risulta ancora in aumento (+10,3%), confermando una buona ripartenza della domanda interna.
Il risultato positivo più significativo è stato registrato dalle esportazioni verso i paesi extra europei, con un fatturato che è aumentato del 14,1% rispetto allo stesso periodo del 2020.
Anche l‘export UE ha fatto comunque registrare un buon incremento (+10,3%).

Si conferma su buoni livelli anche la situazione degli ordini. La consistenza del portafoglio ordini rimane stabile per il 24%, aumenta per il 66% mentre cala per il 10% delle aziende (saldo pari a +56, contro il +58 del trimestre precedente). Il periodo di lavoro assicurato supera i tre mesi nel 30% dei casi. Molto contenuta, ma in lievissimo aumento, la percentuale di aziende che denuncia tensioni di liquidità (11%, rispetto al 9% del trimestre precedente) e risulta pressoché stabile anche la percentuale di imprese che lamenta ritardi negli incassi (12%).

Nel trimestre ottobre-dicembre 2021, l’occupazione segna ancora un aumento del numero di addetti pari al 2,5%. Il 48% delle aziende dichiara di aver mantenuto inalterato il proprio
livello occupazionale, il 40% l’ha aumentato, mentre l’11% ha ridotto la propria forza lavoro. Si conferma molto difficile e carica di preoccupazione la situazione dei prezzi e degli approvvigionamenti delle materie prime.
I prezzi delle materie prime sono decisamente aumentati (+29,5%) e l’incremento ha toccato sostanzialmente tutte le imprese (95%). Il 79% delle aziende è riuscita ad intervenire sui prezzi di vendita dei prodotti finiti, con un incremento medio del +11,3%.
Questo dato segnala il tentativo delle imprese di difendere i margini ma, naturalmente, a livello macroeconomico aumenta le preoccupazioni legate al futuro andamento dell’inflazione.

Il caro prezzi e le difficoltà negli approvvigionamenti sono i due massi che stanno intralciando la strada della crescita – conclude Dalla Vecchia –. E questi due dati clamorosi fanno riferimento alla fine del 2021: sappiamo benissimo che la situazione è ulteriormente peggiorata a livello globale (e come al solito in Italia più che in altri paesi), tanto da mettere in allarme le banche centrali di tutto il mondo. Come avevamo segnalato a suo tempo, la speranza che la dinamica inflattiva fosse temporanea era una pura illusione. I problemi vanno affrontati, senza attendere che passino da soli. In questo senso è preoccupante il dibattito lanciato da alcuni sindacati e da qualche ministro che sembrano evocare il ritorno ad una spirale salari-prezzi che avevamo visto negli anni Settanta e di cui questo Paese non ha bisogno”.