Polenta e spritz

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Lo si sente subito quando uno è veneto e soggiorna in terra natìa per un paio di giorni almeno. Quando torna non parla, canta. D’altronde è impossibile essere veneti e non parlare in dialetto, con i veneti, in terra veneta. Impossibile.

La scena si ripete sempre uguale: tu cominci parlando in un decoroso e pulito italiano e l’altro ti risponde, puntualmente, in dialetto veneto. Al che tu rispondi in italiano. E lui ribatte in dialetto, questa volta tagliandoti con lo sguardo come a verificare la tua provenienza aliena. Continua così per qualche battuta fino a quando, inesorabilmente, soccombe la lingua italiana.

Che sia una persona più anziana di te, un coetaneo, un ragazzino, al negozio come all’appuntamento di lavoro – neppure se eserciti una “professione intellettuale” – sempre e comunque dialetto.

E così, in tempo zero da quando hai passato il Po, dopo uno spritz e un bicchiere di prosecco (lo so, è un sacrificio, ma non ci si può davvero sotttrarre a certi riti), ti ritrovi il mercoledì di una sera d’estate, nella “corte” degli zii, insieme a mezzo paese, a sentire raccontare e cantare storie in dialetto. Di quando si faceva e si mangiava solo la polenta, a colazione a pranzo e a cena. E si allevavano i bachi da seta. Sono storie che senti anche un po’ tue, perchè te le hanno raccontante, negli anni, forse un po’ le hai anche vissute. In casa dei nonni. E poi ci sono i fagiolini – tegoline, in Veneto sono le tegoline! – che nonna ti ha tenuto da parte perchè sa quanto ti piacciano, appena raccolti dall’orto che era (è) di nonno e da cucinare come ti ha insegnato lei. L’orto, la terra. Sua, nostra.

E poi conosci tutti e tutti ti parlano come se non te ne fossi mai andata (perchè forse è così, un pezzo è rimasto lì), come se le cose non fossero cambiate mai. Nonostante i figli, i matrimoni, i traslochi. Avete presente Stars Hollow? La stessa casa, la stessa chiesa, gli stessi negozi? Ecco, per me è uguale. Il che ti infonde di certo una gran sicurezza mista ad un leggero senso di soffocamento.

Perchè puoi costuire, faticosamente, casa un po’ dove vuoi, dove scegli. Ma le radici, quelle che ti tengono salda, anche se la fronda poi balla col vento, quelle restano. E si sentono. Soprattutto quando, tornata in quel di Bologna, ti sentono cantare.

Manìna bela,
Fata penèla,
dove sito stà?
Dala nòna.
Cossa te gàla dà?
Polenta, vin e late,
Gate, gate, gate!