Due pendolari del crimine gli assassini di Mihaela Stoicescu

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C’è una banda di trasfertisti napoletani professionisti del crimine dietro all’omicidio di Mihaela Stoicescu, 50 anni, avvenuto il 13 marzo scorso a Noventa Vicentina all’esterno dell’ufficio postale. I carabinieri del nucleo investigativo provinciale – coordinati dal tenente colonnello Giuseppe Bertoli – con un’indagine minuziosa realizzata con i più classici strumenti investigativi hanno incrociato per mesi una notevole quantità di dati, riuscendo a stringere il cerchio attorno ai due pluripregiudicati responsabili della rapina finita male. Si tratta di Maurizio Buoniconti ed Enrico Pacenapoletani di 45 e 29 anni. A carico dei due sono stati emessi altrettanti provvedimenti di custodia cautelare in carcere: Buoniconti è stato arrestato dai carabinieri di Napoli e verrà a breve trasferito alla casa circondariale Del Papa di Vicenza a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, mentre è caccia aperta a Pace, sfuggito alla cattura. I due sono accusati di omicidio volontario, rapina aggravata e riciclaggio.

Come si ricorderà, quel 13 marzo in via Palladio a Noventa, Mihaela Stoicescu – romena cinquantenne residente nella Bassa Veronese a Minerbe – stava attendendo all’interno di una Mercedes E220, seduta sul sedile anteriore dal lato passeggero, mentre la nipote (proprietaria dell’auto) Alexandra Marasescu stava prelevando al Postamat. All’interno dell’auto le due donne avevano una somma di danaro in contanti prelevata in diversi uffici postali della zona. Un malvivente era salito a bordo al posto del guidatore e aveva cercato di spingerla fuori dall’abitacolo con l’obiettivo di rubare l’auto e il relativo bottino. La donna aveva cercato di resistere ma alla fine era stata spinta fuori. Per ostacolare il malvivente si era anche aggrappata alla portiera della berlina mentre questa era in movimento, cadendo e sbattendo la testa: era morta poco dopo in ospedale a Vicenza. Il rapinatore nella fuga aveva prima tamponato un’ambulanza della Croce Rossa e poi abbandonato l’auto un centinaio di metri più in là, fuggendo a bordo di una Fiat Panda grigia, guidata da un complice.

La complessa indagine dei carabinieri è partita proprio dalla Panda grigia: in particolare dalle tracce lasciate a bordo dai malviventi e dall’analisi delle immagini dei circuiti di videosorveglianza presenti in zona. Qui la prima difficoltà: la targa dell’utilitaria è risultata clonata, complicando così notevolmente le indagini. E’ stato quindo ricostruito l’itinerario della donna e della nipote, che erano transitate in diversi uffici postali per prelevare contanti per conto del datore di lavoro della giovane. L’incrocio delle tappe effettuate dalle due donne con quelle della Panda hanno consentito di verificare come i malviventi avessero seguito gli obiettivi del loro piano criminoso nei diversi prelevamenti.

“Sulla base di queste risultanze – spiega il colonnello Alberto Santini, comandante provinciale dei carabinieri – abbiamo iniziato a passare a setaccio le risultanze telefoniche delle diverse celle agganciabili nel percorso coperto dall’auto. Abbiamo preso in esame ben 5 milioni di tracce telefoniche, riuscendo a risalire a quali fossero i telefoni presenti lungo tutto il percorso. Si trattava di telefoni intestati a persone inesistenti, cosa che ci ha richiesto ulteriori accertamenti tecnici attraverso le caselle di posta elettronica. Abbiamo appurato quindi chi erano i malviventi e chi hanno contattato, ricostruendo le identità non solo dei responsabili della rapina e della morte della donna, ma anche i ruoli di altre persone che hanno coperto la loro presenza sul territorio prima del colpo e dopo la fuga”.

Le indagini hanno usufruito anche del supporto dei carabinieri del Ris di Parma: verificati i caselli autostradali attraverso i quali la Panda era transitata, sono state recuperate da un lato immagini parziali delle persone a bordo e dall’altra è stata verificata la presenza di impronte sui tagliandi dei pedaggi autostradali: una volta inserito il tagliando al casello, il pagamento veniva rinviato a un momento successivo parlando con l’operatore, cosa che in realtà non comportava il recapito di alcuna multa trattandosi di targa clonata. La minuziosa ricerca ha dato frutto: su un tagliando è stata trovata una parziale impronta digitale che ha consentito di chiudere il cerchio attorno a Buoniconti e al suo complice.

Denunciata anche una terza persona, residente a Mantova: la sua abitazione è stata perquisita dai carabinieri della locale compagnia. Si tratta di N.F., 37 anni, censurato. Presso la sua abitazione i due avevano trovato ospitalità prima e dopo aver commesso la rapina costata la vita alla cinquantenne romena. I militari dell’Arma stanno ora svolgendo ulteriori accertamenti per verificare se e come la banda fosse informata dei movimenti di denaro dell’azienda presso cui la nipote della vittima lavorava.