Stop al redditometro. La premier Meloni sospende lo strumento contro l’evasione

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Le polemiche che si erano susseguite  e gli scontri – anche – all’interno della maggioranza hanno messo un freno al redditometro. Lo ha deciso la premier Giorgia Meloni dopo aver incontrato il viceministro Leo. “Ci siamo confrontati sui contenuti” del decreto ministeriale e “siamo giunti alla conclusione che sia meglio sospendere” il provvedimento “in attesa di ulteriori approfondimenti” ha detto Meloni in un video diffuso sui social, precisando che “l’obiettivo è e rimane quello di contrastare la grande evasione e il fenomeno inaccettabile, ad esempio, di chi si finge nullatenente ma gira con il Suv, o va in vacanza con lo yacht, senza però per questo vessare con norme invasive le persone comuni”.

Già nel corso della giornata la premier era intervenuta sul tema che – ricordiamo – ha provocato tensioni all’interno della maggioranza. “Mai nessun “Grande fratello fiscale” sarà introdotto da questo Governo. Sono sempre stata contraria a meccanismi invasivi di redditometro applicati alla gente comune”, aveva scritto Meloni sui social, sottolineando che “l’attuazione della delega fiscale, portata avanti in particolare dal Vice Ministro dell’Economia Leo, è fino ad ora andata nella direzione di migliorare il rapporto tra Stato e cittadino, tutelare i lavoratori onesti e contrastare la grande evasione, quella, per intenderci, dei sedicenti nullatenenti con ville, barca e supercar. Continueremo in questa direzione, sempre dalla parte dei cittadini”.

Sulla questione si è espressa anche la Lega che con un ordine del giorno al dl Superbonus “impegna il governo a chiarire la portata del decreto ministeriale, confermando il superamento dell’istituto del redditometro”. Nell’emendamento si parla della “preoccupante risonanza mediatica intorno ad una vecchia visione del rapporto tra contribuente e amministrazione” seguita alla pubblicazione del decreto ministeriale in Gazzetta ufficiale lo scorso 20 maggio. La Lega, si precisa, “ha sempre ritenuto che strumenti induttivi”, come il redditometro, “non offrano benefici tangibili e concreti all’evasione”.