Appello di 560 insegnanti dell’Alto Vicentino per Gaza: “Condanna per i crimini di Israele”

All’inizio è stata solo una riunione che ha messo attorno a un tavolo, nell’agosto scorso, dentro un’aula del Liceo Tron-Zanella-Martini, un gruppo di insegnanti, spinti dal bisogno di confrontarsi sulla situazione umanitaria a Gaza, che interpellava le loro cosciente come persone ma anche come educatori di tante ragazze e ragazzi. Una comunità chiamata a confrontarsi con una situazione che evocava lo spettro dei momenti più bui della storia.
“Lavoriamo quotidianamente con studentesse e studenti; alcuni di loro si informano, si interessano, seguono lo sviluppo drammatico di questa crisi umanitaria. Abbiamo la consapevolezza – spiegano – che il nostro silenzio, in questo momento, disattende il nostro compito difficile e delicato di educatori”.
Per questo hanno scritto a più mani un documento che cerca di esprimere questo comune sentire. E da un piccolo gruppo, a sottoscriverlo è stata una valanga di insegnanti del vicentino, dopo la sua condivisione con i colleghi di altri istituti scolastici dell’Alto Vicentino. Alla fine a inizio ottobre le firme sono diventate ben 560, provenienti da “prof” di una quindicina di istituti scolastici: l’I.I.S. Tron Zanella Martini, l’I.T.I.S. De Pretto, l’I.T.E.T. Pasini, l’I.P.S. Garbin, gli istituti comprensivi Battistella, Tessitore e Fusinato di Schio e Cipani di Santorso, il CPIA Vicenza-Schio e altri istituti di Thiene, Valdagno e Recoaro. Il documento è stato anche pubblicato sulla pagina “Un collegio dei docenti nazionale per Gaza”, che raccoglie altri numerosi scritti di istituti scolastici di tutta Italia.
Ecco il testo integrale qui di seguito.
Non più zitte e zitti
Siamo un gruppo di docenti degli istituti dell’Alto Vicentino che si sta interrogando su quale possa essere la propria funzione educativa di fronte alle notizie e alle immagini che quotidianamente arrivano dalla Palestina e dalla Striscia di Gaza.
Come possiamo tacere davanti a quanto sta succedendo?
E d’altro canto come possiamo parlare di quello che appare a tutti gli effetti come un genocidio pianificato che sta distruggendo le vite di civili innocenti? In nome di che cosa si radono al suolo scuole, biblioteche, ospedali, si massacrano giornalisti, personale sanitario, volontari, rappresentanti dell’Onu?
Siamo chiamati a formare cittadini liberi e consapevoli: come possiamo spiegare e diffondere i valori democratici di giustizia, libertà, equità di cui è intrisa la nostra Costituzione senza porci in maniera chiara contro una logica di guerra e sopraffazione? Una logica che, mentre parla di obiettivi militari chirurgici, produce interminabili elenchi di bambini massacrati.
In questo momento storico, riteniamo necessario rompere il muro di ipocrisia che piega le parole a proprio uso e consumo e limita in ogni modo la libertà di informazione.
Questo documento vuole esprimere una ferma condanna dei crimini che il governo di Israele sta compiendo in Palestina. Siamo infatti consapevoli che la terribile ondata di violenza a Gaza, che fa seguito all’attacco del 7 ottobre 2023, ha trasformato in un inferno una preesistente situazione di emergenza mai risolta.
A causa del conflitto a Gaza e per le sempre maggiori violenze in Cisgiordania, secondo l’Unicef più di 50 mila bambini sono stati uccisi o feriti, e circa 930 mila sono a rischio di carestia. Secondo i dati Onu, il 70 per cento degli edifici è stato danneggiato e più di 70 mila palazzi sono stati rasi al suolo: non più una guerra contro Hamas, ma contro due milioni di civili.
Proprio nella nostra funzione di insegnanti, riteniamo più che mai necessario difendere il valore della parola e del confronto civile. Ribadiamo la necessità che la scuola sia innanzitutto uno spazio dove si imparano l’ascolto e la tolleranza nell’esercitare il proprio spirito critico; dove si combattono ignoranza e fanatismo – i peggiori nemici di ogni umana convivenza; dove si coltiva una cultura di pace, valorizzando la capacità di sostare nella divergenza di opinioni e di risolvere i conflitti senza l’uso della forza; dove si sviluppa la capacità di analizzare criticamente i documenti, i fatti, le opinioni per creare consapevolezza nei nostri studenti, in modo partecipato, cogliendo le implicazioni socioeconomiche e geopolitiche degli eventi; dove si valorizzano i sentimenti e le emozioni di ciascuno, costruendo relazioni e incontri.
Se la guerra nasce da persone, idee e interessi che non hanno riguardo per la vita, noi vorremmo dare il nostro contributo per un futuro dove questa logica possa essere scardinata.
(Seguono le 560 firme)
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