Dall’Accademia Musicale Scledense auguri in musica, da un oceano all’altro

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Fra i tanti “concerti di natale” che hanno contrassegnato queste settimane nell’Alto Vicentino, val la pena di segnalare quello degli allievi della classe di canto dell’Accademia Musicale Scledense, ideato e condotto da Susanna Bortolamei, docente dell’Accademia stessa e che si è tenuto nell’auditorium “Renato Maioli”, a Schio.

I canti della tradizione, rigorosamente in inglese, ma con qualche sorpresa e la giusta verve, e alcune inaspettate novità hanno entusiasmato interpreti e pubblico con un programma formato da dieci pezzi ai quali si è aggiunto il richiestissimo bis di Oh happy day, che ha trovato in Alessandro Dalla Riva il sensibile solista in dialogo con gli All Together Now, ossia l’ensemble del corso di musica vocale d’insieme.

Susanna Bortolamei conosce bene le specificità timbriche e di registro, la preparazione tecnica e la personalità interpretativa di ciascun allievo: ha potuto così suggerire a tutti il repertorio ottimale.

Fra i brani cantati, la melodia di Amazing grace, le cui origini risalgono agli anni Trenta dell’Ottocento. Interpretato, tra le altre, da Aretha Franklin e da Whitney Houston, l’inno composto da John Henry Newton, ex negriero pentito, per ringraziare Dio della propria conversione riacquistò popolarità nel 2006, in seguito alla diffusione dell’omonimo film diretto da Michael Apted. Di questo classico, Letizia Vigato ha offerto una interpretazione soave ed emozionante, accurata nel fraseggio e arricchita, per la seconda voce, dai puntuali interventi della Bortolamei stessa.

A questo punto, gli All Together con tre valide soliste dotate di qualità timbriche differenziate e complementari – Maria Panizza, Silvia Bicego e Marta Meneghini – hanno offerto di You raise me up una lettura in linea con il genere pop-gospel che nei primi anni 2000 trovava nello statunitense Josh Groban il cantautore di riferimento. Non meno coinvolgente Chiara Cicchelero, voce potente e duttile, in A new Day has come che, forse inevitabilmente, associamo alla voce di Céline Dion, ben conosciuta pure come interprete di O holy Night che Emma Paganotto ha cantato con voce calda e intensa, generosa nei chiaroscuri di volume e di timbro richiesti da questa pagina.

Note altrettanto lusinghiere merita, sul versante maschile, Filippo Dorigato, vivace interprete di  What a wonderful World. Sempre lui, successivamente, con Los reyes magos ha evocato le fascinose atmosfere sonore dell’Argentina. Va pure evidenziata, in questo pezzo, la prova maiuscola degli All Together now che, prontamente assunta la formazione “a doppio coro”, hanno rivelato una tenuta ritmica encomiabile, assecondando la brillantezza dinamica ed agogica adottata dalla maestra Bortolamei per questo “nuovo classico” della musica d’oltreoceano.

Standing ovation per Roberto Dal Brun, nella magnifica Mele Kalikimaka che allude alla maniera hawaiana di augurare buon Natale. Non ci sono la neve o l’abete, nelle Hawaii, ma sole, cielo limpido e palme svettanti. Nessuno, nel corso della serata, ha rimpianto Bing Crosby e le Andrews Sisters che, nel 1950, diedero della canzone composta da Robert Alex Anderson l’anno precedente l’interpretazione di riferimento. Roberto Dal Brun ha infatti colto in maniera perfetta la sottile vis ironica che attraversa la descrizione dell’insolito natale hawaiano – ben lontano dagli stereotipi fatti di neve, slitta e caminetto acceso – e i Together now hanno assecondato le sue nuances regalando al pubblico una parentesi di sorridente serenità.

Di forte impatto musicale e ben curata sul piano della presenza scenica la famosa canzone statunitense Winter Wonderland di Richard Smith (testo) e Felix Bernard (melodia), resa celebre nei secondi anni Quaranta dalle Andrews Sisters e da Perry Como. Nel riproporla, pure Alessandra Facci ha rivelato non comuni doti di timbro e convincente personalità di interprete. Una curiosità: benché associata alla stagione natalizia, la canzone non si riferisce in maniera esplicita alla festa del 25 dicembre, limitandosi a descrivere una passeggiata invernale in un paesaggio innevato. Passa una slitta con tintinnio di sonagli e un uccelletto sparuto intona una canzone d’amore.

Go, tell it on the mountains, composta forse da John Wesley Work Junior riadattando uno spiritual afroamericano, è stata interpretata con vibrante partecipazione da Lucrezia Fantini e dall’intero ensemble per un finale all’altezza del resto della serata. Ovviamente non è stata eseguita la versione originariamente pubblicata nella raccolta Folk Songs of the American Negro del 1907, bensì un arrangiamento più vicino alle attese e ai gusti del pubblico di centodieci anni dopo.

Come si diceva all’inizio: omaggio alla tradizione, ma con la giusta verve e senza trascurare le piacevoli sorprese degli anni più recenti, spaziando con gioia e libertà dall’uno all’altro oceano.

Fabio Dal Corobbo