Morti sul lavoro: allarme in Veneto, la Cgil accusa l’Ulss7 di contratti penalizzanti

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Nel cuore del Veneto si consuma una vera emergenza silenziosa: quella delle morti sul lavoro. I dati sono spietati. Nei primi cinque mesi del 2025, le vittime registrate in regione sono state 38, quasi il doppio rispetto allo stesso periodo del 2024. Padova e Vicenza si trovano in cima alla tragica classifica con nove morti ciascuna, seguite da Venezia, Verona, Treviso e Rovigo. In media, in Italia, muoiono tre lavoratori al giorno. Un bilancio che – a detta degli esperti – peggiora mese dopo mese.

Al centro della polemica c’è lo Spisal, il Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, fondamentale per ridurre gli incidenti attraverso controlli e ispezioni. Tuttavia, all’interno dell’ULSS 7 Pedemontana, il personale tecnico è ridotto all’osso: solo undici operatori per un territorio di 360 mila abitanti, con due dimissioni recenti che aggravano la situazione. La Cgil punta il dito contro il nuovo contratto proposto ai tecnici Spisal. L’azienda sanitaria, secondo quanto denunciato, pretende quattro ore lavorative in più a settimana in cambio degli incentivi economici già previsti dalla Regione Veneto. Un compromesso che il sindacato definisce “folle e inspiegabile”, soprattutto in un momento storico in cui è sempre più difficile attrarre professionisti qualificati per ruoli cruciali nella sicurezza sul lavoro.

E nel dibattito si inserisce anche il consigliere Carlo Cunegato, esponente della Coalizione Civica di Schio, che parla di una “guerra” in corso nei luoghi di lavoro. “Bisogna riaprire il tavolo negoziale,” insiste, “e garantire qualità e continuità delle ispezioni, perché non si può morire lavorando nel 2025″. Dura anche la Cgil Veneto: “Un contratto peggiorativo come quello dell’ULSS 7 è un messaggio devastante per chi ogni giorno lavora per prevenire incidenti e salvare vite – dichiarano i rappresentanti regionale – se continuiamo a rendere meno attrattive queste figure, il prezzo lo pagheranno i lavoratori sul campo”. E con i numeri in aumento e la tensione che cresce, sindacati e cittadini chiedono un impegno serio delle istituzioni per invertire la rotta. L’appello è presto lanciato: “il lavoro non può e non deve continuare a essere un campo di battaglia”.

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