Muore nel tragitto verso l’ospedale, domani l’autopsia per far luce sulla fine di Matteo Bertoldo

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E’ una comunità che non si capacita di quanto è accaduto quella di Piovene Rocchette dove venerdì scorso Matteo Bertoldo, 38enne residente nel paese ai piedi del Summano, è deceduto nel trasporto verso l’ospedale di Santorso nonostante i ripetuti tentativi di rianimarlo da parte dei sanitari prontamente accorsi dopo l’ultima disperata telefonata con cui l’uomo ha provato a chiedere aiuto.

Tutto ha inizio una settimana prima, quando Matteo decide di recarsi autonomamente al Pronto Soccorso per una cisti inguinale che lo infastidisce: diverse decine i pazienti in attesa a Santorso prima di lui al punto che decide di rincasare e ripresentarsi l’indomani. E’ così che sabato viene medicato regolarmente e, senza particolari raccomandazioni al riguardo, riprende a lavorare già lunedì: il giorno seguente però la cisti si infiamma e subentra un’importante emorragia. Matteo viene accompagnato nuovamente in ospedale dove però, verificata la situazione e arrestata la fuoriuscita di sangue, viene dimesso.

Tre giorni dopo il tracollo: nuova violenta emorragia, la chiamata al 118 e la corsa verso un ospedale al quale Matteo arriverà purtroppo già privo di vita. Troppo forte il dolore e troppo brutale lo shock di un figlio strappato alla sua giovinezza e ad una figlia di 11 anni per non voler provare a dare qualche risposta a domande che per ora si riconcorrono confuse. E se l’Ulss ha già di suo avviato un’inchiesta interna per accertare in tempi brevissimi quanto accaduto in ordine alla presa in carico del paziente, è il legale incaricato dalla famiglia a spiegare il senso dell’iniziativa intrapresa invece proprio dai genitori del piovenese: “Nessuno è qui per puntare il dito, lo dico con forza – esordisce l’avvocato Andrea Massalin di Schio – ma la vicenda porta con sè dei legittimi oltre che comprensibili dubbi. I medici e tutto il personale sanitario svolgono un lavoro prezioso e difficilissimo, talvolta sotto organico, ma non c’è in questo la volontà altra che non sia quella di fotografare un dato di fatto del tutto evidente: quello che invece non sappiamo, è cosa avesse Matteo e se si sarebbe potuto ragionevolmente fare di più per evitare il tragico epilogo che tutti conosciamo”.

Dubbi che l’esame autoptico fissato per domani, sabato 3 febbraio,  e disposto dalla Procura della Repubblica di Vicenza che ha incaricato della cosa la dottoressa Silvia Tambuscio, dovrà tentare di dipanare: esiti che non restituiranno il sorriso e la simpatia contagiosa di Matteo, ma che aiuteranno forse a chiarirne le cause della sua prematura scomparsa.

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