Operaio di Vò dalla zona rossa all’azienda? Notizia distorta. File audio “irresponsabile”

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Da lunedì sera e per tutta la giornata di ieri un file audio whatsapp della durata di poco meno di 4 minuti è balzato di telefono in telefono, raccontando – in maniera colorita e in dialetto veneto – la (presunta) presenza in azienda di un collega proveniente dalla zona rossa di Vò Euganeo, focolaio del coronavirus. Un allarme rivelatosi privo di fondamento, ingigantito dal passaparola e diffuso infine da un dipendente di una ditta mai nominata direttamente, in cui sono impiegati oltre cento lavoratori. Il “flipper” del file da ascolto è giunto a interessare carabinieri, Ulss 7 Pedemontana e anche il sindaco di Torrebelvicino, territorio dell’Altovicentino dove è stata “individuata” in breve tempo l’azienda, che hanno rassicurato all’unisono i dipendenti e le loro famiglie a fronte di un allarmismo ancora una volta dettato da paure ingiustificate.

A muovere i dubbi e i successivi controlli immediati il consueto arrivo nello stabilimento di un tecnico padovano, originario di Vò, lunedì mattina. Qualche chiacchiera con i colleghi sul tema di maggior attualità, il coronavirus, prima di iniziare la giornata lavorativa. Il dialogo che passa di bocca in bocca, magari arricchendosi di nuovi particolari che mutano, fino a giungere all’orecchio dell’addetto alla sicurezza dell’azienda. Il quale, responsabilmente e senza allarmismi, subito attiva le procedure di prevenzione previste dai protocolli.

La direzione, quindi, chiama all’appello il medico aziendale che a sua volta applica le linee guida ministeriali, verificando l’assenza di sintomatologia attinente a sindromi influenzali e, a scopo precauzionale, rimanda a casa – a Cervarese Santa Croce, questo il reale domicilio del padovano – quello che per qualcuno rischiava di divenire una sorta di “appestato”. E che rimarrà, ora, per 15 giorni in casa sua, da specificare solo per cautela. Poco dopo le 9 del mattino dell’altro ieri, lunedì, la faccenda sembrava già chiusa, non fosse per quei coloriti 3’52” di audio – non riproducibile ascoltato il contenuto – divenuto “virale” sugli smartphone di mezzo Altovicentino in poche ore, a partire dalla serata.

Nel frattempo carabinieri della stazione locale di Lozzo Atestino, informati dell’episodio, hanno verificato che il lavoratore segnalato non avesse commesso alcuna violazione nè avesse aggirato il cordone sanitario – come invece si accusava nell’audio per “sentito dire” – allestito intorno al comune focolaio. Successivi accertamenti hanno fatto definitiva luce sulla vicenda: l’uomo risultava residente a Vò solo formalmente, sui documenti d’identità, ma si era trasferito da settimane nella piccola frazione di Montemerlo, a circa 18 km di chilometri dalla zona rossa. Le pratiche di cambio residenza risultano in corso.

A sincerarsi della situazione il sindaco turritano Emanuele Boscoscuro, in contatto con i vertici dell’azienda altovicentina, le forze dell’ordine e il massimo dirigente dell’Ulss 7. “Ho parlato giusto poco fa con il commissario Bortolo Simoni e prima ancora con un portavoce dello stabilimento – spiega stamattina al telefono -, c’è stata un po’ di confusione su questa vicenda, causata soprattutto dall’audio che girava da lunedì sera. Chi lo ha registrato e diffuso è stato un irresponsabile. Mi risulta invece che la questione sia stata gestita adeguatamente all’interno dell’azienda e sono state fornite garanzie che non ci sia nulla da preoccuparsi. Il dipendente è stato invitato alla quarantena già dal medico, non presentava alcun sintomo e sono state rispettate tutte le procedure dal punto di vista operativo”.

Tanto rumore, fortunatamente, per nulla, almeno allo stato attuale. “Noi come Comune possiamo dare solo comunicazioni ufficiali e certificate, pertanto ieri non ci eravamo espressi su questo fatto pur dedicando la giusta attenzione. Cerchiamo di non mettere in giro voci di tenore allarmistico come accaduto lunedì – questo l’appello del sindaco – perchè creano solo del panico ingiustificato”.