Julio Velasco, dall’oro olimpico a quello mondiale: “Diverso da come dipinto, continuo ad imparare”


Si racconta in un’intervista al Corriere dello sport Julio Velasco, commissario tecnico della Nazionale italiana di Volley e fresco vincitore della Coppa Del Mondo. Sullo Julio Velasco come persona, e di come viene descritta, spiega: “Quando mi dipingono come una specie di guru mi rompo i c*** di quel me stesso. Tante frasi che mi hanno attribuito non le ho mai pronunciate, c’è addirittura chi è convinto che io sia l’auto del libro Il codice Velasco, invece non ne so nulla. Io sono semplicemente un allenatore di pallavolo, questo è ciò che so fare. Sono pragmatico, non ideologico: insistere su un’idea anche quando non funziona è sbagliato. Andando oltre idee, metodo e tattica penso che la parte più importante sia l’adattamento ai gruppi e al momento”.
Poi il tecnico argentino continua: “Se la persona diventa personaggio e finisce per crederci allora arriva il declino. Se ci si sofferma sul personaggio si perde di vista il senso dell’impresa e dello sport. Bisogna giudicare la squadra, l’atteggiamento e le mie ragazze non hanno mai mollato”.
Poi sul Mondiale aggiunge: “Ho spiegato alle ragazze che l’oro di Parigi era stato un’eccezione, non la regola. Basta un attimo per trasformare un punteggio da positivo a negativo e viceversa. Io dico sempre di guardare a Vasco Rossi: tecnicamente non è il miglior cantante ma trasmette qualcosa di forte e comprensibile, per questo arriva a tutte le generazioni”.
Nel passato di Velasco anche due esperienze con il calcio, un anno alla Lazio nel 1998, ed all’Inter, esperienza durata ancora meno. Velasco racconta: “Prima, alla Lazio, Cragnotti scelse me e Zoff forse perché eravamo figure pulite e spendibili ma poi mi resi conto dei problemi e rinunciai a quattro anni di contratto. All’Inter c’era confusione e poco dopo l’esonero di Lippi salutai, non ho mai capito cosa volesse Moratti da me e continuò a pagarmi per non lavorare”.