Disagio giovanile, l’appello di Lino Breda agli adulti: “Incoraggiate i vostri ragazzi”

La vita, a volte, prende strane pieghe. Quella di Lino Breda è una plastica dimostrazione di ciò. Una laurea in Farmacia, la passione per il tennis e pure un’esperienza come più giovane assessore allo Sport nella natia Schio. Con tali trascorsi, chi avrebbe mai potuto immaginare una svolta di carattere monacale? Eppure, come racconta lo stesso Lino a Radio Eco Vicentino, la sua esistenza ha imboccato proprio quel tornante. “È un qualcosa che è andato preparandosi nel corso del tempo – spiega -, e che, ad un certo punto, è maturato. Io ho dovuto decidere se frustrarlo oppure lasciarlo esprimersi”.

I 40 anni trascorsi come monaco presso la Comunità di Bose chiariscono in modo inequivocabile quale sia stata la sua scelta. “Ho sempre amato il rischio”, confessa ai microfoni della rubrica “Parlami di Te“. E non nega, a tal proposito, che la vita monacale abbia implicato il “lasciare una situazione magnifica, perché io stavo molto bene a Schio”. Tuttavia, aggiunge, “se si sente emergere qualcosa in noi, anche se magari non corrisponde a ciò che desideriamo di più, è meglio dargli corso”.

E fu così che il giovane Lino Breda, a 25 anni, fece il suo ingresso nella Comunità di Bose. Una scelta per la quale non prova alcun pentimento. E questo perché, ribadisce, “in ciascuno di noi ci sono delle esigenze che magari si possono tentare di reprimere. Ma, se esse costituiscono la nostra essenza, prima o poi si fanno vive con forza”. Un’esperienza, quella della vita in monastero, che lo ha condotto alla convinzione che “ognuno deve prendersi del tempo per sé, per pensare. È un’attività che non è molto praticata. Al punto che, pur rimanendo da soli appena per qualche minuto, si va in ansia”.

I rapporti umani, tuttavia, rimangono fondamentali. Lui stesso ammette di essere “sempre più innamorato delle persone. E devo confessare che mi commuovo molto di più adesso rispetto ad una volta, perché mi accorgo di alcuni aspetti dell’animo umano che mi toccano profondamente. Ascoltare le persone, guardandole negli occhi, è ciò che mi piace di più”. Un’attività a cui si dedica volentieri specialmente nei confronti dei giovani: “Sono impressionato da quello che trovo in loro. Ascolto, gentilezza, purezza di cuore, bontà e capacità di amore”.

“È questo che dobbiamo vedere – sottolinea Lino -. Sono fragili, sì. Ma chi gli ha mai dato qualcosa? Chi mai gli ha detto che in loro c’è qualcosa di valore? Chi mai li ha incoraggiati e sostenuti? I giovani hanno bisogno di sentirsi dire che in loro c’è qualcosa di bello e che vale la pena di essere coltivato”. Una necessità, però, che spesso finisce per infrangersi contro lo scoglio dei cliché. “Noi adulti – conclude con amarezza – “a parole diciamo di credere in loro. Ma poi, nei fatti, non è così”.

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