Morire di guerra sul Cimone a 21 anni: la memoria ritrovata dopo 102 anni

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Sono tante le storie, drammatiche e commoventi, che nell’anno del Centenario della fine della Prima Guerra Mondiale, hanno accompagnato il ricordo di quanto è successo e del sacrificio, tragico e inconsapevole, di tanti giovani morti sulle nostre montagne vicentine. Abbiamo ricevuto e oggi volentieri pubblichiamo una lettera toccante, che racconta la storia incredibile di un ritrovamento. E’ una storia che parla di dignità restituita ai resti di un giovane 21enne toscano, morto sul Monte Cimone. Un cerchi che si è chiuso 102 anni dopo. 

Buonasera,
all’inizio di settembre sono stato invitato dal sindaco del Comune di Arsiero in occasione delle celebrazioni in onore dei caduti della Grande Guerra. Nell’occasione mi è stata consegnata una targa ritrovata nel Cimitero di Cima neutra al termine di una vicenda per me incredibile. Le celebrazioni in occasione del centenario della Grande Guerra mi hanno spinto a cercare tracce di un mio lontano parente morto per le ferite riportate in combattimento e di cui non era mai stata trovata la tomba e per questo considerato disperso.

Sono nato e vivo a Firenze, tutta la famiglia da parte di mia madre è di Greve in Chianti, ed è nel cuore del Chianti che inizia e dopo 102 anni si conclude questa storia. Giulio Dei era il fratello minore di mia bisnonna. Era nato a Greve in Chianti il giorno di primavera del 1894. Nei miei bisnonni il dolore della perdita era sempre vivo, tanto che uno dei loro figli fu chiamato come il fratello caduto in guerra. Quando fu richiamato alle armi, nel 1915, “piangeva disperato e non voleva partire.”: aveva 21 anni, di cui non è rimasta traccia se non nella memoria della famiglia. Come altri milioni di ragazzi scomparsi come lui nel pieno degli anni. E le rare volte che tornava in licenza, con il terrore negli occhi, si rammaricava: “Io da là non torno”.

E infatti non è più tornato. E’ caduto in combattimento il 1 agosto 1916 sul Monte Cimone durante i ripetuti attacchi austriaci per riprendere la Cima che era stata conquistata dagli italiani il 23 Luglio con un’azione incredibile. Il silenzio lo ha poi avvolto fino ai giorni nostri.

Non dimenticateci, se non ricorderete perchè noi siamo morti, più non avremo pace ne riposo.” sono parole della poesia “Flanders field“. Da queste parole è partita la mia convinzione. Ricordo che all’inizio delle celebrazioni del centenario, decisi di cercare tracce del passaggio di Giulio sulle Prealpi vicentine. Attraverso la consultazione dell’Albo d’Onore, in cui sono riportate le generalità dei caduti nella prima guerra mondiale, sono riuscito a trovare il suo nome. Faceva parte del 154° Reggimento Fanteria della Brigata Novara, distaccato a Thiene e dintorni fin dall’inizio della guerra.

Sul sito del Museo del Risorgimento di Bologna ho trovato la storia della Brigata Novara, ed i bollettini di guerra che riportavano i fatti accaduti tra luglio ed agosto del 1916 sul Monte Cimone, era tutto descritto chiaramente, tutto tornava. Ma da dove cominciare? Nell’estate del 2017 ero deciso ad andare qualche giorno sull’Altopiano di Asiago per cercare il suo nome in uno degli ossari presenti in Provincia di Vicenza; Asiago, Cimone, Montegrappa e Pasubio, poi per una serie di impedimenti non ne ho fatto di niente.

 

Ed arriviamo a marzo di quest’anno. Mi trovavo in Casentino, ed ho avuto modo di conoscere Alberto, che vive con la sua famiglia a Thiene, in provincia di Vicenza. Scambiamo due parole ma non approfondisco l’argomento, gli dico genericamente che mi piacerebbe visitare le montagne dalle sue parti. Dopo un paio di mesi, alla fine di giugno, torno in Casentino e incontro nuovamente Alberto. Questa volta gli comunico la mia intenzione di cercare notizie di un mio lontano parente caduto sulle montagne vicentine, ma gli dico anche che non so da che parte iniziare. Mi voglio muovere,  per cui in estate andrò sicuramente sull’Altopiano di Asiago, e da lì inizierò a cercare, o meglio, a sperare di trovare.

A questo punto Alberto mi dice che fa parte di un gruppo del Cai, che si occupa di sentieristica e fa la manutenzione dei sentieri delle montagne sopra Thiene, sul Cimone, l’Altopiano di Asiago, il Pasubio, per me nomi che suonano leggendari, e che avrebbe chiesto a loro se potevano aiutarmi visto che conoscono quei monti metro per metro.
Per me va bene. Lo ringrazio e ci salutiamo.

Era una domenica di fine giugno, dopo due o tre giorni ricevo una telefonata: “Marco, non ci crederai. Hanno trovato la tomba di Giulio! E’ stata trovata la targhetta di croce con il suo nome“. Mi vengono i brividi: come è possibile?

Alla fine del 2017 è stato ritrovato un cimitero di guerra militare situato a Cima Neutra, tra il Monte Caviojo, che era l’avamposto italiano, ed il Monte Cimone, difeso dagli austriaci fino al 23 luglio 2016 e riconquistato alla fine di settembre dello stesso anno, facendo saltare in aria la cima e con essa centinaia di soldati italiani, molti dei quali riposano ancora nelle trincee coperte di terra e detriti in seguito all’esplosione di una mina da 14 tonnellate di esplosivo. La vegetazione cresciuta in un secolo aveva coperto tutto. Acqua e neve avevano fatto il resto.

Grazie ai contributi della Regione Veneto e del Comune di Arsiero alcuni volontari hanno lavorato al restauro del cimitero, che è stato inaugurato all’inizio di giugno di quest’anno. Il gruppo Cai degli amici di Alberto ha guidato ed eseguito i lavori. Ed è in occasione delle opere di restauro che il 7 Aprile 2018 durante la ripulitura dei terrazzamenti sono state trovate due steli in marmo, un’unica targhetta in zinco ed altri oggetti personali appartenuti ai soldati sepolti: la targhetta di croce era quella di Giulio Dei!!!

All’inizio degli anni venti le salme dei caduti dalle centinaia di cimiteri di guerra erano state traslate negli ossari. In questo caso i resti di tutti i soldati sepolti nel cimitero di guerra di Cima Neutra, ubicato subito dietro le linee italiane, sono stati portati nel Cimitero monumentale di Arsiero, che raccoglie le salme di tutti i caduti in quella zona. Durante l’attività di esumazione i resti di Giulio sono stati messi in una cassetta di legno, ma non avendo trovato sulla croce la targhetta con il nome a cui associare le spoglie, è stato sepolto nella fossa comune situata al centro del Cimitero monumentale di Arsiero, insieme ad altri 407 italiani e 700 austriaci. Per questo era stato dato per disperso, pur risultando dagli atti ufficialmente caduto in combattimento. Nella stessa fossa comune è probabile che sia sepolto anche Antonio Bergamas, il figlio di Maria Maddalena Bergamas, caduto anche lui sul Monte Cimone, a Tonezza, nel giugno del 1916. Ma questa è un’altra storia.

All’inizio dello scorso settembre sono stato invitato ad Arsiero: il sindaco Tiziana Occhino mi ha consegnato la targhetta di Giulio ed un coro di alpini ha intonato “Monte Nero”. E’ stata una serata emotivamente indimenticabile. Anche per tutti i presenti nella Sala consiliare del Comune. Ogni tanto le montagne o le zone di guerra restituiscono i poveri resti di soldati che hanno combattuto cento anni fa. Da quello che viene recuperato si cerca di risalire alle famiglie, in un opera di ricerca difficilissima.

Non so come definire quanto accaduto in questo caso, in cui cerco la tomba di un soldato morto 102 anni fa il cui corpo è sempre stato considerato disperso e dopo pochi giorni viene trovata la tomba, il luogo in cui è caduto e ricostruito tutta la storia. Ognuno lo interpreti secondo la propria Fede, la propria Spiritualità oppure pensi al caso o alla fortuna. Mi sento vicino a quello che ha mi ha scritto Manuel Grotto, la guida alpina che ha materialmente trovato la targhetta e coordinato le opere di restauro del cimitero:
Giulio ha fatto in modo di far trovare la sua targhetta alla famiglia“.

Qualche settimana fa ho incontrato il sindaco di Greve in Chianti. Ho raccolto un pò di terra nel Cimitero di Cima Neutra dove era sepolto Giulio, nel luogo esatto in cui è stata trovata la targhetta, e vorrei che questa si mischiasse con quella del luogo in cui è nato, per chiudere il cerchio, facendolo simbolicamente tornare in quella terra che non voleva lasciare e che non ha più rivisto. Centodue anni dopo.

Marco Nestucci