“Cerco ogni giorno un motivo per essere felice”: la forza di Claudia (e delle altre)

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La maglietta “Ce la farò anche st(R)avolta” è ormai diventata un “must have” nel thienese e non solo. Portata con orgoglio e fotografata anche in occasione di viaggi in senso di condivisione con lei, che da un anno racconta come si vive lottando contro il cancro, e con tutte le altre donne che ogni giorno tirano fuori tutto il loro coraggio per affrontare la malattia. Lei, Claudia Guido, sicuramente è una forza della natura, impegnata a dare forma, con un tocco di fucsia e uno di coraggio, a quello che c’è di “buono” anche in una situazione così difficile. Fucsia perché di questo colore era il reggiseno che quel giorno, troppo stretto, per la prima volta le ha fatto sentire quel nodulo. Da lì iniziò la sua personale battaglia con il “drago”.

I post di Claudia – infermiera di 37 anni, moglie e mamma di due bambini – sul suo blog Fucsiawonderbra sono molto seguiti. I suoi scritti ora sono diventati anche un libro, Ce la farò anche st(R)avolta”, che verrà presentato domenica 11 marzo a Thiene al Teatro Comunale alle ore ore 18. Sottotitolo della serata: #iononmollomai.

Claudia, anzitutto, come stai?

“Dopo un anno di cure, interventi e terapie a volte mi ritrovo molto molto stanca. Non è stata una passeggiata e il corpo metabolizza molto lentamente. La mia mente corre troppo veloce e mi ritrovo a pianificare e progettare con la stessa frenesia di un tempo, ma con molti limiti fisici in più. Alla domanda come stai… rispondo sempre bene, forse per togliermi l’impiccio di dare troppe spiegazioni. In realtà… Sto! È come vivere sempre in allerta, ascoltando ogni piccolo sintomo e segnale che il corpo mi manda. La testa è ancora molto lontana dalla parola guarigione, sarà scaramanzia, sarà un continuo assillante confronto con le statistiche, sarà che le ferite più profonde non si vedono”.

E’ passato quasi un anno da quando hai iniziato a raccontare pubblicamente la tua vita col “drago”. Hai raccontato poco la paura e le crisi e tanto la voglia di reagire. Se ti guardi indietro, che valutazioni fai?

“Credo di essere stata sempre molto ‘vera’, non ho mai finto. Se ad emergere era la voglia di reagire è perché effettivamente in quel momento era l’unico obiettivo che mi ponevo. Ma ci sono state molte pagine nere, ci sono state lacrime e attimi di sconforto. Solo che io per prima ho tentato di analizzare in maniera critica il momento. Lo sconforto e la paura non mi avrebbero portata da nessuna parte, avrebbero solo reso più difficile il cammino. Cercare ogni giorno un buon motivo per essere felici è stato lo slancio fondamentale per passare anche attraverso la tempesta. La mia vita è stata letteralmente travolta e stravolta dal drago. Ha azzerato tutto e mi ha messa a nudo, ma anche fatto uscire quella che ero veramente. Scrivere è diventata la mia terapia, con le parole se ne andavano anche le paure e i tabù che spesso questa malattia ci impone. Quando mi sono resa conto che le mie parole erano d’aiuto a tante altre persone, si è creato quasi un rapporto di dipendenza col blog, lo scambio col tempo è diventato un rapporto vicendevole in cui ognuno prende il meglio o ciò che ritiene più utile e opportuno. Non ho mai pensato che Fucsiawonderbra fosse un blog per donne tumorate. Non ho mai voluto incentrare troppo sull’argomento tumore, anche se avrei potuto averne le competenze. Fucsiawondrebra è un modo nuovo di guardare alla vita, è riuscire ad andare avanti nonostante tutto”.

Cosa ha significato per te il rapporto con le tante persone con cui sei venuta in contatto in quest’anno grazie a Fucsiawonderbra?

“C’è una profonda solidarietà fra le persone che affrontano una battaglia, qualunque essa sia. Il fatto di non sentirsi soli a camminare aiuta enormemente. Quando raccontavo di nausea e dolori vari c’era sempre qualcuno che mi consigliava, supportava. Quando ero triste c’erano gli abbracci virtuali oltre alle decine e decine di amicizie che poi si sono effettivamente concretizzate. Quando ho ipotizzato di poter fare qualcosa di concreto e raccogliere fondi per l’associazione Raggio di Sole, la solidarietà della gente mi ha fatto comprendere quanto quello spazio virtuale fosse qualcosa di molto più concreto e tangibile”.

C’è un tuo post a cui sei più legata?

“Si, ce n’è uno che ho scritto dedicandolo precisamente ad una ragazza che aveva da poco scoperto un tumore simile al mio. Spesso mi hanno chiesto di farmi scivolare il dolore degli altri, ma non riesco proprio a chiudere gli occhi di fronte a questa sofferenza. Le ho scritto: A te che mi scrivi, a te che mi leggi e rileggi la tua storia, a te che stai camminando con me, affianco a me, a te che che questa strada l’hai percorsa già, a te che la devi percorrere di nuovo. A te che hai paura, a te che non sai… ce la faremo! Ce la faremo ancora e ancora e ancora e se non è vero, illudiamoci del contrario che anche l’illusione è una medicina potente.

Continuo a ripetere e a ripetermi allo sfinimento che andrà tutto bene, che ce la farò, ce la faremo. A volte non ne sono pienamente convinta nemmeno io, ma so benissimo che la grinta, la determinazione o anche solo l’illusione possono fare miracoli. La nostra mente è potentissima”.

Qualche settimana fa hai incontrato Sandro Pupillo, altro “guerriero” che sta condividendo pubblicamente la sua sfida…. che incontro è stato?

“Io e Sandro ci siamo rincorsi per mesi, ma sapevamo che prima o poi saremo riusciti a berci quel caffè insieme. Sandro è come me, un vulcano di idee ed emozioni pure. Abbiamo speso cinque minuti esatti a parlare delle rispettive cure e il resto del tempo di progetti e programmi per il futuro. Abbiamo avuto la sfiga di incappare nella malattia e l’abbiamo trasformato nel pretesto per dare comunque il meglio, per cambiare le cose, per migliorare quello che non ci piace. È voglia di non fermarsi e di non vivere passivamente gli eventi”.

Cosa pensi dell’outing di Nadia Toffa?

“Ho espresso pubblicamente la mia opinione a riguardo. Dopo il suo outing si sono scatenate due fazioni opposte. Chi la osannava per il coraggio dimostrato e chi metteva in dubbio il tutto e criticava i tempi e i modi. Lo ripeto anche qui. A nessuno è dato sapere cosa passa per la testa di una persona quando il proprio nome viene associato alla diagnosi di tumore. Mi ha rattristato leggere critiche sulla velocità, sulle presunte terapie, non è una gara a chi ha il tumore peggiore o fa le terapie più terribili. Nadia ha espresso quello che la sua personalità le ha dettato in quel momento. Dubito fortemente che sia in grado di utilizzare la parola ‘guarita’, è salita anche lei sulle montagne russe e come sulle montagne puoi chiudere gli occhi e tapparti la bocca oppure alzare le braccia e urlare a squarciagola. Le reazioni vanno rispettate e va rispettato il messaggio di aderire alle cure convenzionali, certe e sperimentate”.

Cosa ti ha spinto a scrivere un libro?

“Il libro chiude un primo cerchio. È una fetta di vita che meritava di essere raccontata, perché è stata un dono per me e può esserlo per gli altri. Non nascondo poi la volontà di lasciare una traccia… Spero che un giorno i miei figli rileggendo certe pagine possano  comprendere tanti silenzi, tante lacrime, tanti abbracci, tante parole non dette. Il libro poi ha uno scopo benefico. Tutto il ricavato andrà a Raggio di Sole che attraverso il progetto ‘Vivi a Colori’ donerà al reparto di oncologia dell’ospedale Alto Vicentino i magnifici turbanti di Francesca Cosentino di Waxewul. Francesca collabora con Elisabetta Bagnato che abbiamo conosciuto durante la turban school nella quale si insegna alle pazienti oncologiche ad indossare la propria corona per tornare a splendere”.

Cosa ti preme di più oggi?

“Sarò egoista, ma voglio solamente vivere, veder crescere i miei bambini e trovare il coraggio di tornare a progettare, ma non voglio dimenticare o rinnegare nulla. Sono molto più ricca e forte di un anno fa. È l’unica cosa per cui posso ringraziare questo maledetto drago”.