“Di corsa, tra le mie montagne: così ho sconfitto il buio che avevo dentro”

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Certi mali, il “buio”, come più volte l’ha definito lei stessa, possono essere sconfitti. Ma servono tanta forza, pazienza e forse anche un po’ di quel coraggio di parlarne a viso aperto che può essere l’ancora di salvataggio per chi questa determinazione non ce l’ha o non è riuscito a trovarla. C’è tutto un mondo dietro a quel sorriso luminoso e a quello sguardo dolce ed intenso che oggi è finalmente tornato a fare capolino sul volto di Federica Zuccollo.

Originaria di Cogollo del Cengio, classe 1992, Federica oggi vive sul lago D’Orta col suo compagno Riccardo, lavora come audioprotesista, si dedica al trail che è la sua grande passione e tutte le volte che può, torna da abbracciare i suoi affetti ai piedi di quel Monte Cengio mai dimenticato.

Lunghi capelli biondi, una bella statura ed un fisico longilineo e sportivo: una vita dedicata allo sport quella di Federica, promessa della pallavolo con una chiamata azzurra mancata a causa della rottura del menisco pochi giorni dopo: “Era il 2011, giocavo a pallavolo da quando avevo nove anni – racconta l’atleta cogollese che all’epoca del Vicenza Volley oltre allo scudetto under18 ha conseguito il premio come miglior libero – ma negli ultimi tempi non ero più serena e vivevo con ansia ogni prestazione fino a delle vere e proprie crisi di panico per cui alla fine ho mollato”.

Il successo pallavolistico di Federica Zuccollo col Vicenza Volley

Un male molto più subdolo e radicato quello che si era insinuato nella vita di Federica che ad un certo punto non si riconosceva più davanti a quello specchio capace di restituire soltanto un’immagine distorta e sgradita, una pianta maligna che aveva messo radici profonde al punto da togliere non solo lucidità, ma anche la spensieratezza tipica dell’età più giovane: “Sono dimagrita tantissimo – confessa Federica – non mangiavo, avevo il viso scavato e non ero in grado di reagire. Persino il ciclo non era più regolare. Il peso scendeva vertiginosamente e con lui anche l’umore: come essere sulle sabbie mobili, non trovavo appigli nemmeno sull’amore della mia famiglia che pure era sempre presente. La tua ‘vista interiore’, in quei momenti, è come appannata e non riesci a mettere a fuoco ciò che conta veramente”.

La famiglia: quasi beffardo il destino che l’11 giugno del 2014 rischia di strapparle il padre Giuliano, apprezzato funzionario della locale Unione Montana di Arsiero. Un gravissimo incidente mentre si trovava a bordo del suo scooter, un lungo e difficile decorso ospedaliero e la lenta riabilitazione: “Un giorno ci siamo guardati negli occhi – spiega ancora emozionata Federica – e ci siamo promessi che avremmo lottato assieme. Le sue parole hanno come riacceso qualcosa in me, ma non è stato così automatico uscirne”.

Federica e la sua famiglia nel 2015, il giorno della laurea

La laurea nel 2015, la passione per la montagna e la scoperta del trail con un secondo posto quasi inatteso nel 2017 e poi un susseguirsi di podi nel 2019, dalla Trans d’Havet alla Cortina Trail giungendo alla medaglia d’oro nella Supramonte Seaside Baunei in Sardegna e un decimo piazzamento che sa di vittoria alla storica Ultra Trail du Mont Blanc a Chamonix nel 2021: “Di buoni piazzamenti ce ne sono stati tanti – ammette con un pizzico di orgoglio la 31enne di Cogollo che lo scorso anno ha strappato anche un ottimo quinto posto alla Lavaredo Ultra Trail dopo 80 chilometri e 4600 metri di dislivello – ma la vera battaglia vinta dopo anni di buio è stato capire che sì, i sentimenti e il sostegno del mio fidanzato, l’amore incondizionato della mia famiglia e la vicinanza degli amici sono essenziali, ma la forza per uscirne è solo dentro ciascuno di noi. Là, nei sentieri di montagna, tra sudore e quel morso della fatica che in alcuni momenti diventa quasi insopportabile, ho trovato quella serenità e quella grinta capaci di estirpare il malessere che avevo in me e che per troppo tempo ha preso il controllo della mia vita. Ed io volevo maledettamente vivere, in fondo potevo sentirlo questo desiderio quasi soffocato. Chi ci è accanto, per quanto ci conosca, fatica a comprendere: molti pensano che si tratti solo di “non piacersi” fisicamente: ma la faccenda è molto, molto più ingarbugliata e viscerale”.

Le lacrime all’arrivo, nell’agosto del 2012, dopo i 100 chilometri della Ultra Trail du Mont Blanc – UTMB

Il coraggio di dirlo, senza filtri e senza vergogna: quella che spesso lo sguardo di chi giudica e non sa, contribuisce ad accrescere nell’intimo di persone già ferite. E’ lì: nell’orlo di un baratro che le parole descrivono con approssimazione e sicuramente per difetto. Un precipizio a cui Federica ha saputo voltare le spalle definitivamente: “Oggi che sono una donna – conclude l’audioprotesista che tiene a sottolineare come il suo gareggiare sia ora solo la sua valvola di sfogo e il momento d’evasione più che motivo di competizione – riconosco i segni e i sintomi di quel male che è l’anoressia. Un male che non ci definisce, ma c’è. Il messaggio che vorrei trasmettere è che lo puoi sradicare, ma esiste sempre un rischio che lui torni ad attecchire. Violento, vigliacco, quando meno te lo aspetti. Magari quando abbassi la guardia, quando hai un momento di fragilità o di sofferenza: parlatene e reagite. Non siamo persone sbagliate, non abbiamo fatto nulla per meritarci tanto inferno. Chiedete aiuto ma soprattutto aiutatevi e ditevi che sì, siete più forti voi di qualsiasi male vi possa aver colpito: aggrappatevi alle cose belle, anche a quelle apparentemente semplici, quelle che diamo per scontate. Un paesaggio di montagna, il sole che si alza e ti accarezza la fronte. E’ un nuovo giorno. Una nuova occasione per non arrendersi. Mai”.

Federica dopo una gara con il suo “Riki” Borgialli: è uno dei più forti trail runner italiani