Crisi nera alla Sfp Chilò: rischio chiusura per indebitamento. 58 lavoratori a rischio

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Stato di agitazione, dallo scorso 9 ottobre, alla Spf Chilò di Sarcedo, storica azienda meccanica di proprietà della famiglia Chilò che da sessant’anni produce semilavorati in lamiera (anche di grandi dimensioni): la proprietà ha annunciato ai lavoratori l’imminente chiusura dell’attività a causa di un forte indebitamento.

A comunicarlo sono la Fim-Cisl di Vicenza insieme con la Rsu (rappresentanza sindacale unitaria) dell’azienda. In questi giorni ci son stati alcuni incontri con i vertici ell’azienda, che però i sindacati sostengono non abbiano fornito risposte sulla strada che si intende intraprendere (fallimento o vendita?). “Questo – spiega Angelina Frison,  operatore sindacale della Fim, Federazione Meccanica della Cisl, che segue l’azienda –  comporta uno stallo per i 58 lavoratori assunti che, dopo sette giorni, non hanno ancora chiaro cosa gli aspetterà nel futuro. La proprietà sostiene che vi siano degli acquirenti, ma tutto è molto fumoso e senza certezze”.

La crisi è un fulmine a ciel sereno in paese ed è la stessa organizzazione sindacale a spiegare che finora gli stipendi son stati pagati tutti regolarmente, mentre qualche ritardo, poi rientrato, si era evidenziato nei versamenti ai fondi pensione. Non pagati invece, risulterebbero fornitori e istituti bancari con cui l’azienda è fortemente esposta. Al momento, nello stabilimento, nel quale la produzione è stata fermata una decina di giorni fa, suona a vuoto anche il centralino.
“È necessario capire – aggiunge Frison – se l’azienda andrà in liquidazione o se potrà continuare a operare in continuità con la proprietà attuale, in modo da poter agire tempestivamente a salvaguardia dei lavoratori: o tramite il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per ridurre l’impatto occupazionale della crisi, o tramite la Naspi, su richiesta proprio della Fim-Cisl di Vicenza e della Rsu aziendale, in caso di liquidazione della azienda”.

In un momento economico nel quale il territorio da un lato potrebbe essere in grado di assorbire la forza lavoro ma dall’altro vede una crescenti criticità dovute alla situazione internazionale e ai dazi, l’incertezza e la preoccupazione per il futuro dei lavoratori è quindi totale. “Nei vari confronti avuti in questi giorni – aggiunge Frison – l’azienda non ha fatto proposte e non ha chiarito la situazione e questo non è in linea con la sua storia di realtà importante e che valuta la risorsa umana come fondamentale nel suo operare. Così, almeno sembrava, prima di questa crisi. Le nostre richieste non hanno ancora avuto risposte e continuiamo a sollecitare azienda e i tecnici che stanno seguendo il tutto di dare risposte ai loro lavoratori al più presto. Lavoratori, va detto, – conclude Frison – che operano in azienda anche da 35 anni e che hanno sempre messo il cuore nel loro lavoro quotidiano e che oggi vengono trattati come fossero numeri”.
Al momento, quindi, lo stato di agitazione continua e Fim-Cisl ha già provveduto a inviare la richiesta formale di convocazione del tavolo dell’unità di crisi presso la Regione Veneto.

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