Spostamento della Faresin Industries nell’ex cava: il comitato per il “no” deposita 817 firme in Comune

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Sono 817 le firme raccolte a Sarcedo dal comitato contrario al progetto del nuovo insediamento industriale della società Faresin Industries nel sito dell’ex cava di ghiaia Girardini, ora ripristinata a terremo agricolo, che sorge sul lato nord della Superstrada Pedemontana e della Nuova Gasparona. L’area sorge fra la rotatoria di via Villa Capra a Sarcedo e il ponte sull’Astico, molto vicino quindi alla sede attuale dell’azienda in zona artigianale a Breganze. Una scelta legata alle necessità di espansione e riorganizzazione dei suoi cinque piccoli stabilimenti e dalla mancanza di tale possibilità nel territorio breganzese, già saturo da un punto di vista urbanistico.

L’azienda, a guida familiare, dal 1973 progetta, produce e commercializza carri miscelatori e strumenti per l’analisi della razione per il settore zootecnico, sollevatori telescopici per uso agricolo ed industriale. Opera a livello internazionale con una rete capillare di filiali, distributori e rivenditori. Il progetto prevede un nuovo sito produttivo su un’area di circa 46 mila metri quadrati di terreno di cui la famiglia Faresin ha chiesto la trasformazione: diventerebbe un lotto edificabile un’area complessiva di 137 mila metri quadrati e il piano prevede anche l’estensione della strada di accesso, la creazione di parcheggi e di un bacino idraulico di mitigazione.

“Abbiamo raccolto in totale 817 firme di cui 497 sono di cittadini di Sarcedo, le altre di residenti in comuni limitrofi. Ora la petizione è stata portata in comune e protocollata” spiega Elisabetta Fortuna, a nome del comitato “Villa Capra/Astico – No quinta zona industriale a Sarcedo”, che si era costituito lo scorso 9 febbraio con l’obiettivo di chiedere la salvaguardia delle zone agricole e verdi di Sarcedo e lo stop al progetto presentato dalla Faresin Industries Spa.
L’area interessata dal progetto è infatti attualmente terreno agricolo, quindi non destinata all’edificazione, tanto è vero che è stata avviata specifica procedura al fine di ottenere la variante. “Approvare una simile variante creerebbe un pericoloso precedente – spiega Fortuna – e aprirebbe la strada a qualsiasi richiesta di deroga analoga: il messaggio implicito è che basta pagare la perequazione per poter cementificare qualsiasi zona a prescindere dalla pianificazione del territorio già decisa a livello intercomunale, provinciale e regionale”.

Faresin Industries progetta il trasloco a Sarcedo in una ex cava a ridosso della Spv

La petizione del comitato si rivolge a sindaco, assessori e consiglieri di maggioranza in carica ponendo loro alcune domande: “Abbiamo davvero bisogno di una nuova quinta zona industriale? Voi che fino ad ora vi siete presentati come custodi del territorio e vi siete dichiarati contrari alla speculazione edilizia, cosa pensate che sia questo progetto? Non è forse speculazione edilizia?”. Per raccogliere firme sono stati organizzati gazebi in paese nei fine settimana di aprile e maggio.
“Riteniamo che il progetto – conclude Elisabetta Fortuna a nome degli altri esponenti del comitato, buona parte dei quali residente nella zona interessata – sia mera speculazione economica e spreco di territorio a vantaggio di un’unica impresa e ci stiamo battendo affinché i principi di salvaguardia del territorio, della salute, dell’equilibrio ambientale e la tutela degli ecosistemi naturali vengano rispettati da tutti e non vengano dimenticati dal Gruppo di maggioranza in carica a Sarcedo che li ha posti come obiettivi del proprio mandato amministrativo”. Intanto, dal Municipio al momento tutto tace, ma dopo mesi di silenzio, giocoforza una decisione dovrà essere presa a breve: l’azienda infatti attende una risposta e la questione è sul tavolo del sindaco dall’estate scorsa.

Il tema delle necessità di espansione di aziende importanti del territorio non tocca solo l’Alto Vicentino: se Faresin, azienda sana, che fa utili e nel territorio dà lavoro a oltre 200 persone, ha oggettivamente la necessità di rendere più efficiente la struttura produttiva raggruppando tutta l’attività in un unico luogo, va detto che nel territorio di capannoni esistenti vuoti è difficile trovarne.
Anche a Bassano del Grappa una grande azienda come la Baxi si trova in una situazione simile: è a caccia di un grande spazio dove realizzare le linee produttive delle caldaie del futuro, imposte dall’Ue (non più a gas ma a energia elettrica, come pompe di calore e sistemi ibridi). La sede ideale per l’ampliamento era stata individuata nel vicino stabilimento “ex Iar” ora dell’azienda Pengo, ricevendo da quest’ultima la disponibilità alla cessione. Quest’ultima però a sua volta dovrebbe spostare l’attuale magazzino in un’area di sua proprietà a San Lazzaro, non lontano dal casello della Spv (come a Sarcedo) e questo richiede modifiche urbanistiche. L’amministratore delegato della Baxi, Alberto Favero, ha sollecitato un tavolo con il Comune, sottolineando che se non si individuasse una soluzione si potrebbe andare incontro alla perdita di 700 addetti in tre anni.
Tenere insieme l’urgenza di stoppare il consumo di suolo, l’occupazione e l’assetto urbanistico e di viabilità del vicentino pone insomma questioni davvero complesse, su cui in ogni caso si gioca il futuro delle comunità locali.

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