Esplorare il Vicentino – Il Buso delle Anguane di Valdagno

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Sandro Sedran S-Team

Nei tempi passati, quando era il tempo del freddo, alla sera gli abitanti delle contrade si radunavano attorno al fuoco e qui vi si raccontavano vecchie storie e leggende. Durante i filò, così venivano chiamati questi ritrovi, era facile sentire parlare di strane creature chiamate anguane.

Si diceva che le anguane fossero simili a belle ragazze ma con parti del corpo non umane. Alcune avevano delle membra squamate, altre piedi di gallina o di altri uccelli e tanti raccontavano che erano in grado di emettere grida molto forti. In alcune leggende erano descritte come entità sinistre o addirittura maligne, in altre come esseri che insegnano agli uomini qualche mestiere.

Tutte le storie però concordano con il fatto che le anguane vivessero nei pressi di una fonte d’acqua o un ruscello, entro antri o grotte; infatti nella toponomastica vicentina si riscontrano frequentemente nomi di cavità come “buso” o “grotta” delle anguane: ad esempio se ne trovano a Schio, Montecchio Maggiore, Cornedo Vicentino, Tonezza del Cimone, Marostica e Valdagno.

Quella di Valdagno è una bella grotta adatta alle prime esperienze nel mondo ipogeo. La cavità si trova nei pressi della Contrada Urbani di Sotto, nella Val Garzaro. Per raggiungerla si risale per alcuni minuti la valletta lungo il torrente e sulla destra, dopo aver passato dei grandi massi, si individua l’ingresso pochi metri sopra lo scorrere dell’acqua. Nei pressi dell’ingresso si nota la classica targhetta metallica del Catasto delle Grotte del Veneto.

La cavità si sviluppa parzialmente su due piani: sopra le gallerie fossili, ora asciutte o quasi, dove un tempo scorreva il torrente che ora si trova qualche metro più in basso nella via attiva. Lo sviluppo spaziale è di 427 metri. È una grotta che è sempre percorribile anche durante le piogge perché l’acqua non arriva mai ad allagare completamente le gallerie, inoltre le possibilità di perdersi sono quasi nulle.

Appena entrati si può scegliere di percorrere la bassa galleria dove si trova il ruscello oppure la diaclasi soprastante, una stretta, alta e obliqua fenditura nella roccia che consente di non bagnarsi nel tratto iniziale. Dopodichè, rientrati nella via attiva, basta seguire a ritroso il torrente lungo i meandri molto suggestivi della grotta, dove si possono notare alcune colate calcitiche.

Avanzando in silenzio, all’esploratore sembrerà di distinguere delle voci più avanti, ma in realtà sarà solo il rumore di una piccola cascatella che si trova a circa metà grotta.

Poco dopo la cascatella si trova la parte forse più interessante e caratteristica del Buso delle Anguane: una galleria rettilinea di circa 50 metri, considerevolmente alta e con un singolare profilo detto “a buco di serratura”. La parte superiore più larga si è formata quando la grotta era completamente allagata; nei tempi successivi, quando la portata del torrente è diminuita, l’acqua ha eroso solamente la parte inferiore creando un passaggio più stretto nel quale ora si cammina.

La cavità termina in un sifone, cioè un tratto completamente allagato occluso nella parte superiore da roccia. Si può da quel punto risalire qualche metro per entrare nelle vie fossili dove è stata modellata da alcuni speleologi un’anguana di sabbia e ricongiungersi più avanti al percorso iniziale.

La via del ritorno è lungo il ruscello, fino a sbucare nuovamente alla luce del sole.