Al via il maxi piano della Regione per interrompere la circolazione di Covid-19

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Interrompere la catena di trasmissione del virus responsabile di Covid-19. E’ questo l’obbiettivo dichiarato di un nuovo, articolato, “piano anti-coronavirus”, denominato Piano “Epidemia Covid 19 – Interventi urgenti di Sanità Pubblica” che la Regione Veneto e l’Università di Padova hanno realizzato con lo scopo di interrompere la circolazione del virus.

L’idea è andare a caccia dei positivi asintomatici e dei sintomatici lievi. “Ogni asintomatico può contagiare dieci persone – spiega il presidente della Regione Luca Zaia – e più asintomatici troviamo e isoliamo, più combattiamo la diffusione del virus. I 65 mila tamponi già fatti in Veneto dimostrano che è la strada giusta e la percorreremo fino in fondo, pur rispettando l’esistenza di approcci diversi. Non è una prova muscolare nei confronti di nessuno, è, secondo noi, il modo migliore per salvaguardare la salute dei veneti e per uscire da questa emergenza con le ossa meno rotte possibile”.

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Pubblicato da Luca Zaia su Lunedì 23 marzo 2020

“Questo Piano – ha aggiunto l’assessore alla sanità Manuela Lanzarin – ha il merito di concentrarsi sulle categorie più esposte, come i lavoratori della sanità e le 30 mila persone tra operatori e assistiti che compongono il mondo delle case di riposo che, dopo gli ospedali, sono le strutture più esposte. I costi complessivi dell’operazione saranno quantificato strada facendo, ma non è certo questo il momento di lesinare risorse. Tutto il materiale necessario sarà acquistato dalla Regione”. Il personale dei Dipartimenti di Prevenzione coinvolto ammonta a 714 operatori, dei quali 121 medici, 30 specializzandi, 43 studenti (medici o infermieri), 277 assistenti sanitari, 128 infermieri, 28 tecnici della prevenzione, 31 altre figure sanitarie, 33 amministrativi.

La linea segue quella che ha portato da zero a 15.736, dal 27 febbraio al 22 marzo, le persone poste in isolamento domiciliare: il virus, insomma, non si ferma in ospedale ma combattendolo sul territorio. “Si tratta di trovare e isolare i trasmissori inconsapevoli – ha chiarito il professor Andrea Crisanti, ideatore scientifico del piano e direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Azienda ospedaliera di Padova – partendo dal caso positivo e allargando l’indagine per cerchi concentrici, verso la famiglia, il condominio di residenza, il luogo di lavoro e via via allargando il cerchio. Inizialmente ci aspettiamo un aumento dei casi positivi. Più casi positivi troviamo e isoliamo, meno si ammaleranno, e di conseguenza potranno calare i ricoveri e il ricorso alla terapia intensiva. Quello che si chiama punto di flessione, che ci darà la misura degli effetti ottenuti, si avrà tra un po’ di tempo, quando ci si attende un calo contemporaneo sia dei positivi che dei ricoverati”. “Mettiamo in gioco tutta la forza umana e tecnologica della nostra istituzione scientifica – ha assicurato il Rettore di Unipd, Rosario Rizzuto –  e abbiamo contribuito a creare una squadra unita che si muove in sincronia con le istituzioni pubbliche”.

“Tutto si sta muovendo molto al di sopra dei ritmi ordinari – ha sottolineato Stefano Merigliano, direttore della Scuola di Medicina dell’Università di Padova– nell’ottica della massima integrazione con il sistema sanitario e con la preziosa collaborazione della Croce Rossa, che sta allestendo 15 sue squadre, che cominceranno l’attività di screening da Padova, allargandosi progressivamente a tutto il Veneto. Gettiamo nella mischia anche 400 giovani tirocinanti, saranno utilissimi per supportare il grande lavoro che ci aspetta”. Il Piano sarà attuato dai Dipartimenti di Prevenzione della Regione del Veneto con la collaborazione dell’Azienda Ospedale Università Padova e del Comitato Croce Rossa Italiana attraverso il coordinamento della Direzione Prevenzione, Sicurezza Alimentare e Veterinaria della Regione del Veneto.

Al fine di individuare un maggior numero di soggetti positivi, sarà necessario effettuare un numero più elevato di saggi diagnostici con tampone naso-faringeo. Le modalità di realizzazione prevedono come persone da testare anzitutto i soggetti potenzialmente collegati ad un cluster o comunque esposti a contagio (contatti famigliari, lavorativi o sociali/occasionali di casi sospetti o confermati) che sono stati o possono essere stati a contatto con un caso confermato o probabile di Covid-19, focalizzando la ricerca sulle 48 ore precedenti l’insorgenza dei sintomi fino al momento della diagnosi e dell’isolamento del caso. Test anche per i dipendenti del sistema sanitario reginale, i medici di base, i pediatri di libera scelta, i farmacisti e gli operatori delle strutture per non autosufficienti. Saranno effettuati tamponi anche su alcune categorie di lavoratori dei servizi essenziali, con priorità verso quelli con maggiore contatto con la popolazione: cassieri di centri commerciali, vigili del fuoco e forze dell’ordine, con possibilità di ampliamento al variare dello scenario epidemiologico.

Sono quattordici i laboratori che sono stati individuati per la diagnostica (per il vicentino, quello di microbiologia dell’Ulss 8 Berica all’ospedale San Bortolo) ed è previsto il potenziamento e la costruzione di moduli operativi che coprono ciascuno le diverse province del Veneto. Tutti i Laboratori dovranno potenziare la loro operatività e contrassegnare con codici condivisi e riconoscibili i campioni degli operatori sanitari, quelli della popolazione generale e quelli degli appartenenti alle categorie dei servizi essenziali.