Appalti pubblici, piccole e medie imprese escluse dall’83% del mercato

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Potrebbe essere proprio il 2022 l’anno in cui finalmente viene varata la riforma per alleggerire l‘iter burocratico per l’accesso agli appalti pubblici. Un sistema che dal 2016 vede imbrigliate piccole e medie aziende che non riescono ad accedervi a causa del codice dei contratti che fino ad oggi hanno caratterizzato il quadro normativo dei contratti pubblici e la sua applicazione. Tra le novità dovrebbero esserci la semplificazione normativa e procedurale, un unico testo normativo, attuazione del sistema di informatizzazione, prevenzione del rischio di infiltrazioni criminose e la centralità della progettazione. Un lavoro che dovrebbe portare la nuova riforma ad essere definitiva si spera per l’autunno di quest’anno.

Anche CNA è sensibile al tema e ha rivolto oggi, alla Commissione Ambiente della Camera sulla delega in materia di contratti pubblici, l’attenzione sottolineando l’esigenza di riscrivere il Codice del 2016 uscendo dalla logica della perenne manutenzione normativa che genera confusione e disorientamento tanto nelle imprese quanto nella pubblica amministrazione. 

 Negli ultimi anni – commenta Cinzia Fabris, presidente CNA Veneto Ovest – anche a livello locale il mercato dei contratti pubblici è andato incontro a una costante concentrazione. Nel 2020 oltre i due terzi del totale dei bandi ha presentato importi superiori a 5 milioni di euro e ben il 44% del totale si è posizionato sopra i 25 milioni. Se consideriamo il solo settore lavori, il 70% dei Bandi ha superato i 5 milioni, e più di un bando su due è arrivato addirittura sopra i 25 milioni. Il risultato è che l’83% del mercato pubblico è in mano soltanto al 4% delle imprese strutturate a sufficienza per gestire interventi di questo peso, e quindi al 96% delle imprese più piccole non resta che spartirsi il 17% rimanente”. 

Da alcuni anni, ha evidenziato CNA nell’audizione, si assiste a un costante aumento dell’importo a base di gara che ha comportato l’effettiva emarginazione di micro e piccole imprese, in palese contraddizione con uno dei principi fondamentali delle Direttive europee in materia. Nella delega non trova riscontro la previsione di favorire la partecipazione delle imprese attraverso diverse forme di aggregazione superando le penalizzazioni nei confronti dei consorzi costituiti in forma cooperativa.  

 Dobbiamo decisamente lavorare per individuare strumenti che favoriscano la partecipazione delle piccole imprese locali – conclude Fabris – quale tutela dei contesti economici territoriali, e limitare l’utilizzo del subappalto almeno nell’ambito del sottosoglia, che obbligherebbe l’impresa appaltatrice ad avere al proprio interno le risorse per eseguire la maggioranza della propria attività caratteristica, consentendo di ricorrere a risorse esterne solo per quelle attività che possono presentare caratteristiche di specialità. Infine continuiamo a sostenere la necessità di creare un quadro completo e strutturato in materia di appalti pubblici, la cui disciplina, a causa di deroghe e rinvii dettati anche dallo stato di emergenza sanitaria, al momento appare confusa e disorganica sia per gli operatori che per i funzionari amministrativi”.