Attività produttive: il Veneto tenta la riapertura con regole proprie, evitando quelle Inail

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Un manuale per la riapertura delle attività produttive e un progetto pilota. Sono queste le due colonne portanti della fase 2 della pandemia da Covid-19, previste per il sistema economico veneto, così come pensato dalla Regione. Questo in vista della riapertura, pressoché generalizzata, attesa per lunedì prossimo: il via libera è stato concordato nel vertice tra governo e regioni ed entro domani, venerdì, sulla base dei dati del monitoraggio epidemiologico, da Roma dovrebbe arrivare il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – Dpcm – con le linee guida per consentire alle Regioni di ripartire dando loro autonomia regolatoria a seconda dei livelli di contagio.

Se infatti il 4 maggio son tornati al lavoro 1,2 milioni di veneti, lunedì prossimo il ritorno alla normalità per le imprese potrebbe essere quasi totale e coinvolgerà anche bar, ristoranti, spiagge, attività di cura della persona, centri sportivi, piscine e palestre. In sostanza, rimarrebbero fuori – al momento – solo cinema, teatri e sale da ballo.

L’idea del presidente della Regione, Luca Zaia, è di fissare regole che consentano al Veneto di non fare riferimento alle linee guida stilate dall’Inail insieme con l’Istituto Superiore di Sanità. “E’ un atto di responsabilità – ha spiegato ieri Zaia – sapendo che i veneti son responsabili. Sappiamo che dovremo applicare delle linee guida, ma sto facendo una battaglia per non dover applicare quelle dell’Inail, dal momento che abbiamo quelle del nostro Dipartimento Sanitario di Prevenzione. Apprezzo lo sforzo dell’Inail, ma per alcune attività significa non aprire. Penso alle spiagge e alla ristorazione. Il turismo in Veneto ha un fatturato di 18 miliardi di euro, 9 dei quali arrivano dalle nostre spiagge, dove si contano 32 milioni di presenze turistiche. Le spiagge quindi per noi sono una questione di vita o di morte dell’economia. Impossibile pensare ad un distanziamento di cinque metri fra ombrelloni”.

Dalla Regione le linee guida nazionali vengono ritenute, infatti, “complesse e inapplicabili“, specie per quel che riguarda ristorazione e turismo. “L’accordo del 13 aprile fra sindacati e mondo datoriale – ha spiegato ancora Zaia – per la sicurezza sul lavoro prevede che sopra il metro si possa lavorare senza mascherina: questo è quello che secondo noi va preso come linea del distanziamento sociale, perché dobbiamo mettere gli operatori in condizione di lavorare. Per questo stiamo lavorando perché le linee guida Inail siano da applicare solo se una regione non ha le sue. Sappiamo che non è finita la partita dei contagi, ma dobbiamo riaprire: il Veneto ha già perso 50 mila posti di lavoro, 35 mila dei quali nel turismo e la nostra preoccupazione è che non si possono recuperare nel giro di qualche ora. Mi chiedo cosa stia facendo il ministero degli esteri”.

Ieri, la Giunta Regionale ha incontrato in videoconferenza  le associazioni di categoria e le organizzazioni sindacali, per condividere le disposizioni sanitarie per le riaperture e dare così indicazioni certe agli operatori economici. Intanto, il documento per la riaopertura delle attività produttive è stato approvato martedì dalla Giunta regionale con una delibera presentata dall’assessore alla sanità, Manuela Lanzarin e come detto prevede un manuale e un progetto pilota.

Il Manuale, confrontato con le parti sociali già il 30 aprile, è destinato prioritariamente a tutti soggetti con ruoli e responsabilità in tema di tutela della salute nei luoghi di lavoro. Fornisce indicazioni operative finalizzate a supportare tutte le attività produttive a garantire misure per la tutela della salute dei lavoratori: sia aziende che non hanno mai sospeso l’attività, sia aziende che si apprestano a ripartire, secondo le disposizioni dei provvedimenti governativi, per consentire loro una ripresa delle attività in sicurezza.

Si divide in dieci diverse indicazioni operative, ognuna delle quali viene approfondita fin nei minimi particolari: la pulizia, decontaminazione e aerazione degli ambienti di lavoro; l’informazione ai lavoratori e a tutti i frequentatori dell’azienda; la limitazione delle occasioni di contatto; la rilevazione della temperatura corporea; il distanziamento tra le persone; l’igiene delle mani e delle secrezioni respiratorie; i dispositivi di protezione individuale; l’uso razionale e giustificato dei test di screening; la gestione degli eventuali casi positivi; e, infine, il ruolo del medico competente.

Il Progetto Pilota, invece, interessa 70 aziende di tutto il Veneto, per un totale di 13 mila lavoratori, e segue quello già attuato con otto ditte padovane e 1.200 lavoratori, che aveva dato esisti molto positivi, con un tasso di positività dello 0,4. Si tratta quindi di quello che viene definito un “maxi ampliamento progettuale”, finalizzato a testare il modello sanitario, organizzativo e informativo per la riapertura e la prosecuzione delle attività produttive, valutandone l’estensione e la sostenibilità su scala più ampia. Il primo dei suoi obbiettivi è individuare i flussi informativi e delle modalità di contatto più appropriate, tra le singole aziende e le strutture del sistema Sanitario Regionale, per la circolazione delle informazioni, anche sanitarie, ritenute necessarie per la tutela della salute pubblica e del lavoratore. In secondo l’ogo, ci si prefigge di caratterizzare da un punto si vista epidemiologico la diffusione del virus nella popolazione lavorativa, mediante l’individuazione di soggetti già infettati, guariti, immunizzati e suscettibili. Terzo obiettivo: acquisire informazioni sulla sieroprevalenza e su cosa la determina (area geografica, classe di età, genere, mansione lavorativa). Ancora, il progetto pilota prevede l’acquisizione, in attesa di un intervento nazionale, di elementi informativi utili a individuare l’utilizzo più appropriato dei diversi test diagnostici e di screening disponibili, nonché a supportare il processo di validazione dei diversi test sierologici da parte delle strutture tecnico-scientifiche preposte. Ultimo step: la verifica dell’efficacia delle misure di contenimento attuate negli ambienti di lavoro e l’acquisizione di elementi per valutare eventuali azioni correttive.