Cuccioli di capriolo (e altri animali) falciati dai macchinari agricoli. C’è un piano per salvarli

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Sono tanti gli animali selvatici come caprioli, lepri, fagiani, quaglie e allodole che vengono alla luce nei prati e campi e, purtroppo, muoiono a distanza di pochi giorni, in primavera, nel periodo dello sfalcio dell’erba per la fienagione. A ucciderli in modo cruento sono i macchinari agricoli moderni, casi multipli segnalati ogni anno in Veneto e con denunce nei confronti di agricoltori che non sempre rispettano le regole create e imposte per evitare la strage di cuccioli. O che, in molti casi, come si viene a conoscenza dalle guardie zoofile, nemmeno sono conosciute.

Morti orrende di esemplari di varie specie o mutilazioni, tutti appena venuti al mondo nel periodo primaverile di maggio e di giugno. Un problema che si è acuito negli ultimi anni di pari passo con l’introduzione di macchinari per il taglio più veloci e con barre falciatrici ad ampio raggio: dispositivi che non permettono agli operatori al lavoro di vedere per tempo eventuali nidi o giacigli di piccoli animali. Ora un progetto viene proposto per provare a porre rimedio a questa mattanza, che si traduce in una sorta di patto tra associazioni venatorie, animaliste e e confederate nel settore dell’agricoltura.

A proporlo è Enpa Veneto. Il documento inoltrato riassume cause e principi dell’iniziativa invitando più ambiti a collaborare per la buona riuscita. Suggerendo inoltre di prelevare da alcuni fondi destinati alla “pronta caccia” dei polli colorati d’allevamento, liberati alla sera e fucilati il giorno dopo. “L’Enpa, che dal 1871 si occupa di protezione degli animali, dopo aver accertato la mancanza totale del rispetto delle norme che salvaguardano gli animali selvatici – si legge nella nota – ha deciso di scendere in campo nel Veneto per dare indicazioni e le relative informazioni affinché questi gravi fatti non accadano, evitando di conseguenza strascichi giudiziari in capo ad agricoltori che non fanno altro che il proprio lavoro. Va ricordato che negli ultimi decenni l’agricoltura si è meccanizzata a tal punto che dalla “biciesse” condotta a mano si è passati a moderne macchine che tagliano l’erba ad oltre 20 chilometri orari, sconvolgendo qualsiasi equilibrio legato alla riproduzione degli animali selvatici che nidificano a terra o partoriscono i piccoli in mezzo all’erba, in quanto non è possibile localizzare il nido o il piccolo in tempo utile per arrestare il mezzo”.

Dai dati raccolti dalle guardie zoofile che monitorano il territorio la situazione risulta essere totalmente fuori controllo, tanto che si arriva a stimare che nei mesi di maggio e giugno, periodo di fienagione coincidente con il picco di riproduzione dei selvatici, si perdano fino al
70% di covate, di pulli, cuccioli e spesso gli stessi riproduttori adulti, vale a dire le madri che rimangono vicino ai piccoli dopo il parto. Una distruzione inconsapevole di biodiversità animale che ha raggiunto livelli intollerabili e che impoverisce ulteriormente il patrimonio faunistico locale per la regione veneta.

Enpa Veneto propone quindi un patto tra associazioni agricole e ambiti territoriali di caccia: i primi hanno interesse che non si verifichino incidenti durante la fienagione, in quanto le carcasse macinate nel foraggio possono portare gravi patologie come il botulino, oppure l’agricoltore può finire nei guai con denunce a causa di mancato soccorso agli animali feriti, ma anche per il solo fatto di non avere effettuato nessun controllo preventivo, oppure ancora per non aver installato nessuna protezione nella falciatrice. I secondi potrebbero intervenire per preservarli in prima persona. “Crediamo che non si possa dimenticare nemmeno la componente etica che si pone di fronte ad un cucciolo mutilato dopo essere finito nella falciatrice. Per gli Ambiti si tratta di mettere in pratica quanto previsto dalla Legge, intervenendo in via preventiva e/o finanziando apparecchiature di rilevamento o di allontanamento da installare nella macchina operatrice.

“Il progetto è molto semplice. Questo documento è stato inviato a tutte le parti in causa, completo dei riferimenti che permettono i contatti necessari: ora spetta alle associazioni che fanno capo agli agricoltori girarlo a tutti i propri associati. L’agricoltore dovrà avvisare l’Ambito Territoriale di Caccia di riferimento almeno una settimana prima del taglio dell’erba; l’Ambito darà le istruzioni o interverrà con proprio personale volontario per verificare che nell’appezzamento non ci siano animali in riproduzione. Esistono metodi sicuri per allontanare gli animali dal campo, oppure interventi da fare sul trattore che danno dei risultati, dall’installazione di sistemi spartani come le normali catene fissate sul davanti della macchina che scivolano sull’erba facendo scattare il selvatico una volta sfiorato, ai modernissimi sistemi di rilevazione termici/ottici che danno un impulso alla barra falciante alzandola per lo spazio che serve a salvare il cucciolo nascosto nell’erba; sistemi che nel nord Europa danno risultati apprezzabili. Per i costi relativi all’installazione di queste sicurezze, come già anticipato in precedenza, a nostro avviso dovrebbero provvedere i fondi che in precedenza utilizzavano per i “pronta caccia”, una condotta ai giorni nostri a dir poco deplorevole e caratterizzata da un visione miope.