Il prosecco veneto batte il prosek croato: la Ue dà ragione al vino della Valdobbiadene

Caso chiuso“. Questo è il commento lapidario di Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, alla pubblicazione del nuovo regolamento europeo che disciplina le indicazioni geografiche dei prodotti alimentari (IG) e che di fatto manda in archivio la disputa sulla denominazione dei vini prosecco e prosek e le loro etichettature, una diatriba in corso ormai da anni sulla tra Veneto e Croazia. E che aveva sollevato critiche diffuse da parte dei produttori vitivinicoli primi tra tutti.

La ridefinizione dei criteri generali va a colmare il vuoto normativo e non lascerà più spazio ad interpretazioni ed utilizzi arbitrari, riconoscendo la pubblicità ingannevole come dannosa tanto al consumatore internazionale quanto al produttore “venetissimo”. Una novità, quella odierna, che sta suscitando un coro di commenti unanimi di soddisfazione che provengono non solo dalla Valdobbiadene, culla fertile del tradizionale vino con bollicine tanto gradito al palato non solo dei veneti, ma da tutta la regione, di cui il Governatore si è fatto portavoce.

Il nuovo testo, che di fatto era già noto nel merito, è stato pubblicato nelle scorse ore sulla Gazzetta Ufficiale Europea, entrando così in vigore. “Prosek dossier chiuso – commenta in seconda battuta Zaia oggi – questo nome è nostro e nessuno potrà mai utilizzarlo in Europa come menzione tradizionale per indicare un vino che vuole solamente evocare le nostre bollicine, ma non ha nulla di Veneto. Il nuovo Regolamento europeo sulle indicazioni geografiche Ig mette, quindi, la parola fine a una sgradevole vicenda e questo risultato è frutto di una grande lavoro di squadra tra istituzioni, associazioni di categoria e consorzi che in tutte le sedi hanno difeso non solo un brand, ma un vino che esprime la storia e l’identità del Veneto”.

Di fatto, quindi, la denominazione di prosek non potrà essere utilizzata da nessuno, vista la confusione generata con il brand “prosecco” nelle sue varie declinazioni. In tanti, a livello politico oltre che dalle aziende vitivinicole, aveva alzato la levata di scudi dopo la comparsa di etichette che richiamavano un prodotto dell’eccellenza italiana. Ipotizzando una condotta illecita e ingannevole appunto. “Ci tengo anche a ricordare che Prosek è un nome che ci appartiene – ha aggiunto Zaia -. C’è una riserva del nome con un decreto del 2009 che firmai quand’ero Ministro, riconosciuto dall’Europa, e c’è il pronunciamento dell’Unesco che, nel 2019, ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità le Colline del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene. Ma c’è pure una motivazione storica: le prime citazioni del nome ‘Prosecco’, con riferimento al vino, risalgono infatti al XIV secolo, ed esiste una cartina geografica storica in cui la città di Prosecco, situata poco a occidente di Trieste, è denominata Proseck, in ragione dell’assoggettamento, in quel periodo storico, dell’area al dominio asburgico”.

Luca Zaia (archivio)