Medici di famiglia, Gruppo PD Veneto: “Carichi di lavori insostenibili, aumentare i pazienti non può essere l’unica soluzione”

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In foto Anna Maria Bigon, Andrea Zanoni, Francesca Zottis, Jonatan Montanariello, Vanessa Camani e Giacomo Possamai

Come vi abbiamo riportato ieri, martedì 4 gennaio, la nuova delibera che riguarda i medici di famiglia sta sollevando perplessità dal punto di vista organizzativo e dai gruppi politici regionali in opposizione che si dicono dubbiosi sull’effettiva capacità nel gestire un numero così elevato di pazienti. Passare da 1500 a 1800 pazienti per ogni professionista sembra non essere la soluzione migliore secondo il gruppo del Pd Veneto.

Aumentare il numero di pazienti, seppur in via temporanea e su base volontaria, non può essere l’unica soluzione alla carenza di medici di base. Già oggi denunciano carichi di lavoro insostenibili, senza ulteriori misure rischiamo di peggiorare anche il servizio”. È quanto affermano la vicepresidente della V Commissione Anna Maria Bigon insieme al capogruppo del PD Veneto Giacomo Possamai e ai consiglieri Vanessa Camani, Jonatan Montanariello, Andrea Zanoni e Francesca Zottis, a proposito della delibera di Giunta che consente ai medici di base di ampliare da 1.500 a 1.800 il tetto massimo degli assistiti. “È vero che siamo di fronte a una situazione emergenziale e che anche Regioni come Lombardia e Piemonte hanno approvato deroghe in tal senso, ma le difficoltà non sono iniziate ieri e le risposte devono essere appropriate”.

“La programmazione nazionale – concludono gli esponenti del Pd Veneto – va indubbiamente rivista, ma anche quella regionale è stata sbagliata se è vero che il Veneto è al primo posto in Italia per zone carenti (dati Fnomceo) e al terzo posto nel rapporto numero di assistiti/medico di base (dati ministero della Salute relativi al 2019): poche borse di studio, aumentate solo di recente, e scarsi incentivi per chi opera nelle aree rurali e disagiate. Ieri l’assessore Lanzarin ha illustrato alcune proposte di integrazione all’Accordo collettivo nazionale che abbiamo avanzato da tempo: forme di incentivazione oppure penalizzazione in caso di accettazione o rinuncia alle zone vacanti. La Regione però può agire in autonomia, cosa che finora non ha fatto. Per questo crediamo sia opportuno aprire un’immediata contrattazione con tutti i sindacati dei Medici di medicina generale affinché tutti coloro in graduatoria siano messi in condizione di accettare la destinazione. Ma diventa prioritario investire sul personale amministrativo e infermieristico negli ambulatori, in modo da aiutare i medici, anche quelli che non fanno parte di medicine di gruppo e che per questo sono in ulteriore grande difficoltà nel dare assistenza, a fronteggiare le innumerevoli richieste dei pazienti e avviare un tavolo di confronto su come investire nella formazione di tutto il personale sociosanitario rispetto al nuovo contesto, perché l’emergenza è ormai diventata la normalità”.