Caos Vicenza Calcio. Giocatori in sciopero contro il Padova

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Non si vede luce in fondo al tunnel in cui si è infilato il Vicenza Calcio. La società infatti non ha ancora pagato gli stipendi di calciatori e dipendenti. L’ultimo giorno utile per farlo prima della messa in mora era il 10 gennaio. Da ieri infatti i giocatori sarebbero liberi di svincolarsi e trovarsi un’altra squadra. Per gridare il loro dissenso i calciatori tramite l’Associazione Italiana Calciatori hanno annunciato che sabato, in occasione del match di Coppa Italia di Serie C contro il Padova, non scenderanno in campo per sciopero.

La squadra tuttavia non si è ancora svincolata, probabilmente per senso di responsabilità verso una tifoseria appassionata come quella vicentina, che nonostante la retrocessione in Serie C quest’anno ha fatto registrare la bellezza di 6mila abbonati. Sempre nella giornata di ieri l’amministratore unico Fabio Sanfilippo, dal 18 dicembre divenuto unico proprietario del Vicenza Calcio (che però non ha ancora messo un euro nella gestione corrente della società) è andato al centro tecnico di Isola Vicentina, dal quale la squadra non è ancora stata sfrattata solo per una gentile concessione della società proprietaria dei campi.

Sanfilippo ai giocatori ha ripetuto le stesse cose di una settimana fa. “Venerdì, se l’analisi del bilancio in corso da parte dei miei revisori andrà bene, pagherò gli stipendi” ha dichiarato. Frasi che hanno lasciato a dir poco perplessi sia i tifosi, che ieri sera hanno appeso un eloquente striscione fuori dal Menti che recita “Sanfilippo fuori dal ca..”, sia i giocatori, che per mezzo del capitano Giacomelli hanno fatto sapere si sentirsi nuovamente presi in giro da Sanfilippo, che da settimane promette soldi che non arrivano. La squadra comunque ha deciso che fino a domani si allenerà a ranghi compatti, ma che sabato, in occasione del match di Coppa Italia contro il Padova, sciopererà.

Non si vede insomma futuro per questa società, attanagliata dai debiti accumulati da una gestione scellerata dietro l’altra, ormai – forse – giunta all’inevitabile e doloroso epilogo.