Capitale della Cultura Italiana 2024, sfida persa. Rucco: “Il bando passa, ma il progetto resta”

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Il sindaco Francesco Rucco a Roma per la proclamazione della Capitale italiana della Cultura 2024

“Partecipare al bando per Capitale italiana della cultura è stata un’esperienza entusiasmante che oggi si conclude con la proclamazione di Pesaro a cui vanno i complimenti per la vittoria e l’augurio di buon lavoro per l’importante sfida che la attende». Queste le parole del sindaco Francesco Rucco dopo la notizia che non sarà Vicenza la Capitale italiana della Cultura 2024. Questa mattina a Roma, infatti, si è tenuta la proclamazione durante la quale la giuria ha voluto sottolineare l’assoluta qualità di tutte e dieci le finaliste.

«Abbiamo sempre affermato che il bando passa, ma il progetto resta. A Vicenza è stato avviato un nuovo percorso e un nuovo modo di fare cultura. Questo resta, come rimane l’energia di una città e del suo territorio che hanno partecipato attivamente e ora sono pronti a proseguire quanto iniziato. Per questo già a partire dalla prossima settimana il gruppo di lavoro e gli uffici comunali saranno all’opera per avviare la realizzazione del progetto che, come ho sempre detto, sarà attuato nelle sue linee essenziali, valorizzando il titolo di città finalista di Capitale italiana della cultura – prosegue Rucco -. Come ha ricordato il ministro Franceschini, infatti, essere una città finalista è di per sé un risultato straordinario e testimonia la qualità del grande lavoro svolto, contribuendo a dare un’elevata visibilità nazionale alla nostra città che avrà un impatto positivo sui flussi turistici e il sistema economico».

«Sono molto soddisfatto del lavoro svolto fino a questo momento è ringrazio tutti coloro che vi hanno contribuito. Abbiamo concorso al meglio delle nostre possibilità coinvolgendo la città e il territorio con un livello di partecipazione mai visto prima e proponendo un dossier di qualità che ha fatto conoscere Vicenza all’Italia per la sua capacità di progettare il futuro attraverso le “invenzioni” culturali e sociali, oltre che per il patrimonio storico e artistico che custodisce. In tal senso, ora pubblicheremo il nostro dossier in modo tale che se ne possa apprezzare la progettualità sul piano culturale e sociale. Mi auguro che anche le altre città facciano altrettanto, quale contributo alla trasparenza e al merito nella scelta della Capitale italiana della cultura – conclude il primi cittadino – Lo spirito con cui abbiamo concorso è sempre stato improntato a stimolare un cambiamento nelle logiche di produzione culturale della nostra città: in questo senso possiamo dire che la città è già cambiata e questo percorso non si interromperà, anzi proseguirà con maggiore entusiasmo e determinazione».

Sulla “sfida persa” intervengono anche le minoranze del Consiglio Comunale: «Peccato! Siamo stati i primi a sostenere la candidatura di Vicenza a Capitale italiana della Cultura, e siamo ora i primi a rammaricarci della mancata assegnazione. Sicuramente qualcosa in più poteva essere fatto, anche a livello istituzionale, con un maggior supporto, ad esempio, della Regione Veneto, ma non è questo il momento né delle polemiche né dei rimpianti; è anzi il momento del rilancio – dicono in un comunicato congiunto i consiglieri Cristiano Spiller, Isabella Sala, Ciro Asproso, Sandro Pupillo, Ennio Tosetto, Raffaele Colombara, Otello Dalla Rosa, Giovanni Selmo, Alessandra Marobin, Alessandro Marchetti, Cristina Balbi, Gianni Rolando -. Il capitale sociale, umano e culturale della città, raccolto intorno alla candidatura, non va disperso; Vicenza può e, anzi, deve avere, una dimensione di “capitale culturale”. I progetti, le idee, le visioni costruite insieme possono trovare comunque un loro compimento per proiettare la città e il territorio verso il futuro. Un futuro che però non guardi solo al passato: l’eredità palladiana non deve rappresentare l’unica eccellenza della città, ma deve essere integrata nel contesto urbano e sociale della città moderna; un contesto che, purtroppo, non è sempre all’altezza di quanto ci è stato lasciato.

«Un “bagno di umiltà” può essere solo che benefico se porta a riconoscere i propri punti deboli e, quindi, le vie per migliorarsi e progredire: per un progetto culturale unico e innovativo è necessaria un’offerta artistica e culturale più coinvolgente e creativa, e forse questo è quello che maggiormente ci è mancato – aggiungono -La sfida, seppur persa, deve essere un punto di ripartenza, per uscire dalla mediocrità e dalla marginalità in cui la città si è chiusa negli ultimi quattro anni. Noi, come sempre, ci mettiamo a disposizione della città».