Nel cuore oscuro della provincia: un tuffo adrenalinico negli abissi vicentini

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Immaginatevi di calarvi mille metri sotto la superficie dell’Altopiano dei Sette Comuni, in un silenzio spettrale interrotto solo dal sussurro dell’acqua che scende in caduta libera. Qui sorge l’Abisso di Malga Fossetta, la seconda cavità più profonda del Veneto con i suoi mille e 11 metri di dislivello, esplorati per la prima volta negli anni Settanta e raggiunti fino al fondo nel giugno del 2011.

Ogni pozzo è un salto nel buio, ogni parete una sfida tecnica che ha radunato speleologi da mezza Europa, decisi a sondare l’ignoto in corda doppia e torcia “alla mano”.
Spostandosi di qualche chilometro, il Monte Novegno nasconde un altro gigante sotterraneo: un abisso profondo 478 metri, scoperto nel 1994 e misurato ufficialmente nel 2000. La quota d’ingresso, a mille 477 metri sul livello del mare, regala un panorama mozzafiato prima di attraversare la stretta bocca scura. Speleologi polacchi e russi hanno trasformato le sue pareti in teatri di spettacolari spedizioni fotografiche, catturando stalattiti monumentali e gallerie modellate dal lento stillicidio. Degno di nota anche il Buso della Rana, a Monte di Malo: benché non si tratti di un vero e proprio abisso, parliamo pur sempre di 28 chilometri topografati in uno sviluppo sub orizzontale complesso quanto affascinante. Ma attenzione: diffidare dall’avventurarsi in caso di maltempo, i cunicoli sono soggetti ad improvvise piene.

Scendendo verso est, la Valsugana apre le sue porte d’acqua: il Covolo dei Siori è uno degli antri sommersi più estesi d’Italia, con oltre 2mila 400 metri di cunicoli mappati e una profondità di 143 metri, raggiunta da speleosub italiani e svizzeri in missioni tecniche. Accanto a esso, la Grotta dell’Elefante Bianco con i suoi labirinti allagati e cortine di calcite invita all’esplorazione in apnea. Entrambe si trovano nel complesso di Oliero-Valstagna, un sistema carsico che ha fatto la storia delle immersioni in grotta in Veneto.

Una spettacolare immagine dell’abisso del Novegno

Ai piedi dei Colli Berici, invece, le grotte più leggere di impegno fisico ma ricche di fascino storico. La Grotta di San Bernardino, scavata in arenaria, è lunga appena trenta metri ma ha ospitato tracce neandertaliane, un eremo medievale e persino un rifugio antisaraceno nel XV secolo. Le sue volte raccontano millenni di passaggi umani, mentre la processione della domenica dopo il 20 maggio richiama ogni anno curiosi e appassionati di archeologia. E oltre ai dati ufficiali e alle classifiche, il sottosuolo vicentino è intriso anche di leggende millenarie. Nel Buso delle Anguane, a Crespadoro, si narra dell’incontro tra cinque ragazzi e antiche ninfe d’acqua, per poi riemergere con il ricordo di un regno fatato. Sulle alture altopianesi di Cesuna di Roana, invece, si sussurra dei piccoli “gnomi delle radici”, custodi invisibili dei boschi che proteggono le grotte da intrusioni profane: è il caso del Giacominerloch, il buco di oltre 600 metri dove racconti tramandati rivelano la sventurata vicenda della bella Giacomina, rapita da malvagi folletti e costretta a vivere nella grotta lontana dai verdi prati e dal bel sole delle sue montagne.

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