Giornata Internazionale dell’Infermiere: il grazie agli “angeli con i piedi per terra”

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Un cerchio di sorrisi nascosti dalle mascherine per le infermiere e operatrici Oss di un reparto Covid nel Vicentino

Ci sono angeli che non hanno ali, semmai con i piedi ben piantati a terra. O meglio, sui pavimenti delle corsie d’ospedale, indossando non più e non solo gli “zoccoli” sanitari d’ordinanza ma, sopra di essi, anche i calzari di protezione da quasi tre mesi a questa parte. In maggioranza sono donne, difatti spesso la categoria si declina al genere femminile: le infermiere.

L’epidemia del mostro Covid-19 le ha solo in apparenza nascoste dietro a mascherine, visiere, cuffie, doppie paia di guanti, tute ermetiche da sbarco sulla luna. Ma non le ha rese invisibili, anzi, le ha innalzate al grado di eroine, supereroi, angeli appunto. Dotate di un’umanità che di super ha “solo” un impasto di cuore e coraggio da sfornare all’inizio di ogni turno in corsia. Tra loro, oltre 7 mila sono state contagiate.

In realtà, sono le stesse persone e dipendenti della sanità pubblica dell’epoca che, per il Veneto e l’Italia, si è chiusa definitivamente in quel venerdì 21 febbraio. L’ultimo giorno del quotidiano vivere, della normalità per come era conosciuta e data per scontata. Oggi per tutti/e loro si celebra la “Giornata Internazionale dell’Infermiere“, per chi svolge questa professione e per operatori e operatrici socio sanitari e altri incarichi di pari dignità, pari rischi per la salute, stessi elogi e applausi e ringraziamenti da parte (oggi almeno) di chiunque. I loro occhi, le voci, il loro incessante lavoro, quelli non si possono nascondere dietro ai dpi, nuovo termine entrato di diritto nel linguaggio comune in tempi di pandemia.

Immagine dal web

Nessuno di loro si sente un eroe, certi accostamenti danno perfino fastidio a chi svolge da sempre lo stesso lavoro con la medesima passione. Insieme ai medici e al restate personale sanitario, però, con una dose extra di coraggio. Il 12 maggio rappresenta la loro festa in tutto il mondo, così come il 29 aprile scorso si è celebrato una sorta di “onomastico”, con la ricorrenza di Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e proprio delle infermiere.

Ogni giorno, però, a venire celebrato è chi, al fianco dei medici, sta offrendo la tanta passione per il proprio mestiere, il sacrificio spesso degli affetti familiari e tutta l’umanità possibile per assistere al meglio i malati di coronavirus. Mentre giusto 200 anni fa nasceva a Firenze – città toscana a cui deve il nome di battesimo – Florence Nightindale, una donna inglese considerata universalmente la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna e ideatrice dei primi ospedali da campo nell’800.

Un monumento dedicato all’infermiera britannica

A differenza degli anni scorsi, in questo “nuovo” 12 maggio non sono in programma convegni, dibattiti o richieste sindacali, proprio nell’anno 2020 in cui il destino ha giocato un “brutto tiro”: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, lo aveva eletto come “Anno Internazionale dell’Infermiere”, quasi anticipando con un paradosso il duro compito all’orizzonte, mettendo a dura prova l’abnegazione di ciascun uomo e ciascuna donna nei confronti della propria scelta professionale e di vita. Prove che ognuno ha affrontato a testa alta, con un tributo di croci e di dolore – 39 in Italia secondo la triste statistica aggiornata – come in ogni altra parte del mondo, ma anche di profonda umana riconoscenza.

“Questa emergenza per la nostra professione è andata ben oltre al concetto di lavoro – ha dichiarato Federico Pegoraro, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche – e gli scenari che ci hanno coinvolto sono stati talmente tanti che è impossibile descriverli tutti. Abbiamo dato il nostro contributo rimanendo al nostro posto, quello di sempre! Non senza conseguenze: gli infermieri sono tra le categorie più colpite dal coronavirus, con contagiati pari al 43,2% degli oltre 16 mila operatori sanitari infettati dall’inizio dell’epidemia”.

Oltre agli elogi sulla stampa nazionale e locale e a quelli più variopinti sui social, a queste categorie non deve mancare un supporto concreto. Anche psicologico in caso di bisogno, questa è la novità. “Il Direttivo di Opi Vicenza ha deliberato, assieme ad altre forme di vicinanza e supporto già attuate in questo ultimo periodo, di attivare a breve un servizio di supporto psicologico per gli iscritti in stato di necessità. A riflettori abbassati contiamo che gli “onori” conquistati sul campo si tramutino in una consapevolezza reale del ruolo
centrale dell’assistenza infermieristica nel Sistema Sanitario Nazionale”.

L’ospedale San Bortolo di Vicenza, illuminato a tinte tricolori