Natale, gli auguri del vescovo Giuliano dalla “tin” del San Bortolo, “casa della speranza”

E’ incentrato sul tema della nascita e della rinascita il messaggio che il vescovo di Vicenza Giuliano Brugnotto ha voluto rivolgere per questo Natale alle comunità cattoliche del Vicentino. Per questo, ha scelto di inviare il suo augurio dal reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, luogo dove “si tocca con mano il mistero della vita che viene alla luce”, una “casa della speranza”. Un messaggio che anzitutto vuol essere un ringraziamento rivolto a chi ha accolto la sfida di diventare genitore, ma anche un messaggio di coraggio per recuperare la gioia di vivere e una chiamata a rinascere ogni giorno nella fiducia e nella responsabilità.
Lo pubblichiamo integralmente.
Messaggio di Natale alla comunità vicentina
Carissime sorelle e carissimi fratelli, desidero raggiungervi da un luogo speciale: il reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale San Bortolo. Qui, più che altrove, si tocca con mano il mistero della vita che viene alla luce: attese trepidanti, lacrime che diventano sorriso, silenzi che si fanno preghiera, mani che tengono strette altre mani. È una casa di speranza. È una soglia dove il futuro bussa.
Nel cuore di questo Natale risuona una parola antica e sempre nuova: “Un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato” (Is 9,5). Non è soltanto un annuncio da ascoltare: è una realtà da accogliere. Dio non ha scelto di manifestarsi con la forza, con l’imponenza o con il clamore. Dio ha scelto la via della nascita, della fragilità, della fiducia consegnata alle braccia di una madre e alla custodia di una famiglia. Dio ci visita così: come dono.
Siamo ormai al termine dell’Anno Giubilare, tempo di grazia e di ritorno all’essenziale. In questa luce, il Natale ci consegna un messaggio decisivo: la speranza non è un’idea ottimistica, ma una presenza che entra nella storia. E proprio qui, in un reparto maternità, comprendiamo meglio quanto ha scritto Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo, Spes non confundit: guardare al futuro con speranza significa anche “avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere”; e con tristezza constatiamo che, in tante situazioni, questa prospettiva viene meno, fino a intaccare perfino il desiderio di trasmettere la vita. Le fatiche quotidiane, l’incertezza lavorativa, la paura del domani, modelli sociali che privilegiano il profitto invece della cura delle relazioni: tutto questo pesa sulle giovani coppie e sulle famiglie.
Eppure, davanti a una culla, davanti a un pianto che annuncia un respiro nuovo, ci è ricordato che la vita è promessa. L’apertura alla vita — vissuta con responsabilità e amore — è una chiamata iscritta nel cuore dell’uomo e della donna, una missione affidata agli sposi e al loro amore. Per questo, come comunità cristiana, non possiamo limitarci a parole di circostanza: siamo chiamati a un’alleanza concreta per la speranza, inclusiva e non ideologica, capace di sostenere chi desidera generare e accogliere figli, e di accompagnare chi vive la fatica, la fragilità, la solitudine, la ferita.
Da questo luogo desidero dire tre cose, con semplicità e con fermezza.
Anzitutto: grazie. Grazie alle mamme e ai papà che qui attraversano la gioia e la paura, l’attesa e la responsabilità. Grazie a chi porta in grembo una vita e, insieme, porta domande, preoccupazioni, talvolta ferite. Grazie al personale sanitario, alle ostetriche, ai medici, agli infermieri e a tutti gli operatori: in voi si vede una forma preziosa di cura che diventa, spesso, consolazione e speranza.
Poi: coraggio. Il Natale ci consegna un segno umile e invincibile: un bambino. In un tempo in cui tanti rischiano di accontentarsi di “sopravvivere” o “vivacchiare”, il Signore ci chiama a recuperare la gioia di vivere, quella gioia che non nasce dalle cose ma dalle relazioni, dal sentirsi amati e capaci di amare. Ogni nascita ricorda che il futuro non è soltanto una minaccia: può essere una strada. E una comunità che sostiene le famiglie — con prossimità, ascolto, servizi, accoglienza, solidarietà — diventa davvero casa di speranza.
Infine: una chiamata per tutti. Non si nasce una sola volta. Il compito che ci è affidato ogni giorno è, in certo modo, proprio quello di “nascere”: nascere alla fiducia, alla responsabilità, alla mitezza, alla pace. E Gesù ci ricorda che è necessario “rinascere dall’acqua e dallo Spirito”: rinnovati nel cuore, liberati dalla rassegnazione, resi capaci di scegliere il bene anche quando costa. Il Natale non ci chiede di essere perfetti, ma di lasciare spazio a Dio che viene. Il Figlio “ci è stato dato” perché nessuno pensi più di essere solo, perché ogni storia possa ricominciare.
Carissimi, da questa maternità — luogo di attesa gioiosa, luogo di speranza per tanti genitori e famiglie — affido al Bambino di Betlemme la nostra città e la nostra provincia, le parrocchie, le case, i luoghi del lavoro e della sofferenza. Affido chi desidera un figlio e non riesce, chi ha paura di non farcela, chi piange una perdita, chi porta nel cuore una ferita nascosta. Affido i bambini che stanno per nascere e quelli che cercano futuro; gli anziani, custodi della memoria; i giovani, che hanno diritto a sperare; le famiglie, chiamate a essere culla di amore.
E vi lascio un augurio semplice, che nasce da ciò che sto vedendo qui: che la vostra casa sia un luogo in cui la speranza abbia un volto, che le nostre comunità siano un grembo accogliente, e che il sorriso dei bambini — segno di un domani possibile — non manchi nelle nostre strade.
Buon Natale a tutti: un bambino ci è nato, un Figlio ci è stato dato. E con Lui ci è stata data la speranza che non delude. Di cuore, vi benedico.
Giuliano Brugnotto, vostro vescovo
Vicenza, Natale 2025
Ospedale San Bortolo, reparto terapia intensiva neonatale
– – – – –
L’Eco Vicentino è su Whatsapp e Telegram.
Iscriviti ai nostri canali per rimanere aggiornato in tempo reale.
Per iscriverti al canale Whatsapp clicca qui.
Per iscriverti al canale Telegram clicca qui.