Omicidio Singh, di nuovo in carcere il figlio-killer. La sua versione smontata dalle perizie

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...
La palazzina teatro del delitto

Raoul Singh è tornato in carcere. E rischia di rivelarsi una lunga permanenza quella che attende il giovane di nazionalità indiana, cresciuto ad Arzignano e che, appena 18enne, la scorsa estate pugnalò a morte il padre Arvinder nella casa di famiglia. Condivisa con la vittima, la madre e una sorella, le cui posizioni e dichiarazioni sono al vaglio dei carabinieri dopo le discrepanze emerse. Da subito il neomaggiorenne era professato colpevole del parricidio ma adducendo la legittima difesa come causa scatenante dell’assassinio. Dopo tre settimane circa in cella, venne scarcerato ai primi di settembre del 2020, rimanendo poi in regime di custodia domiciliare.

In base agli elementi investigativi raccolti dai carabinieri nei mesi successivi all’arresto e all’acquisizione delle carte mediche dopo l’autopsia, il giudice per le indagini preliminari di Vicenza ha deciso l’immediata detenzione del giovane. Da ieri sera tornato in cella. La versione che quest’ultimo raccontò più volte nei dettagli agli inquirenti, a conti fatti, ora non è (più) ritenuta veritiera e smentita in più punti.

Secondo la tesi accolta dal Gip il diciottenne ha inscenato una ricostruzione dei fatti non rispondente alla realtà: non avrebbe ucciso in un impeto di istinto di sopravvivenza per difendere se stesso e le due donne di casa dagli eccessi di un padre alcolizzato, come era stato definito allora, ma in base a un piano precostituito ben preciso, stordendolo con una miscela di farmaci prima di accoltellarlo. I due avevano litigato già il giorno prima a quel 19 agosto concluso nel sangue nella loro abitazione del quartiere San Zeno: il giovane Raoul era finito in pronto soccorso per alcune medicazioni, e in precedenza al capofamiglia era già stata affibbiata una denuncia per maltrattamenti in famiglia nel corso della stessa estate. Della questione si occupò anche il centro antiviolenza.

L’unico figlio maschio, secondo le indagini, avrebbe deliberatamente deciso di risolvere la situazione di tensione togliendo di mezzo Arvinder per sempre. Fatali per il 49enne operaio, alle prese con problemi di alcolismo acuito da tensioni con la moglie, furono i tagli inferti con un coltello all’addome. Il quadro indiziario nei confronti si Singh jr, a distanza di 9 mesi da quel truce omicidio, è pesantemente mutato divenendo del tutto sfavorevole all’unico artefice del delitto. Secondo gli inquirenti, infatti, sarebbero più di una le bugie smascherate secondo gli investigatori: dalla presenza della madre in casa, presunta testimone e che confermò il racconto del figlio, smentita dalla geolocalizzazione telefonica, alle ferite in capo al giovane a braccia e mandibola che provenivano invece da una rissa tra ragazzi oppure autoinferte in modo superficiale.

Ad aggiungere sostanza, poi, il “carico” della consulenza medico legale: l’esame autoptico ha rilevato la presenza di psicofarmaci oltre all’alcol nell’organismo della vittima, insieme alla totale assenza di di lesioni da difesa. In altre parole non ci sarebbe traccia sul corpo di un qualsiasi tentativo di reazione a fronte delle coltellate inferte dal figlio, fattore che lascia desumere lo stordimento psicofisico dovuto al mix sopracitato. I sei tagli letali riscontrati sul cadavere, infine, contraddicono la versione di una morte accidentalmente provocata nel tentativo di disarmare il padre e difendersi.

Raoul è stato raggiunto dalla Radiomobile di Valdagno nella tarda serata di ieri, su disposto della Procura di Vicenza, e accompagnato in casa circondariale. La parole rilasciate in sede di interrogatorio, e la tesi del suo avvocato difensore, saranno oggetto di dibattito in aula di giustizia, contrapposte agli esiti delle indagini del comando provinciale dei carabinieri.