La carriola ultracentenaria “torna a casa” 105 anni dopo. E dopo 70 km a piedi verso il Museo

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La carriola ultracentenaria prima della partenza

Dal Basso(vicentino) all’Alto(piano), ripercorrendo oltre un secolo di storia e lasciando un dono assai gradito al Museo della Grande Guerra 1915-1918 di Roana. Mariano Carollo lo aveva promesso e, grazie all’aiuto e alla piacevole compagnia degli amici Alpini e a tanto sudore, ha realizzato il desiderio di riportare nei dintorni di “casa” una vecchia per non dire antica carriola in legno dei primi del ‘900. Un attrezzo che si utilizzava sui campi e nei cantieri che fu abbandonato a Bosco di Nanto nel 1916 da uno sfortunato cittadino un paese dell’Altopiano – Luigi Panozzo era il suo nome -, esule o meglio dire profugo in fuga ai tempi della prima Guerra Mondiale.

La carriola venne poi conservata in parrocchia, dove è rimasta immobile trascorrendo decine di anni, fino a quando in tempi recenti per caso la sua storia particolare è emersa da uno scritto lasciato da un prete di allora, e ha incuriosito più di qualcuno fino a stuzzicare la creatività dell’uomo che – a piedi – ha fatto il percorso inverso. Impugnando le leve e camminando per 4 giorni fino a raggiungere domenica il traguardo. Dopo 70 chilometri di strada affrontati in piena estate tutti “gambe in spalla”, e bagagli in carriola. Anche questi accuratamente scelti, a partire dalla valigia, tra i cimeli di inizio ‘900. Primo pernottamento giovedì sera a Costabissara, il secondo il giorno dopo a Zugliano e il terzo all’arrivo sabato sera dopo aver risalito il “Costo Vecchio”.

Un cimelio, appunto, che vale come simbolo storico di un’epoca, memoria di usi e costumi  d’altri tempi, un oggetto da lavoro indispensabile nella vita di allora fatta di pastorizia e fatica quotidiana. Emblema amaro, infine, della frustrazione provata da quegli altopianesi costretti a lasciare le loro montagne per sfuggire ai rastrellamenti e trovare rifugio al sicuro, in questo caso nel Bassovicentino. Lì furono tanti i cittadini dei paesi dei Sette Comuni ospitati fino al termine del conflitto, con qualcuno che scelse di insediarsi da quelle parti, e anche chi, purtroppo, come sembra sia capitato proprietario della carriola, vi morì ancora in giovane età. Probabilmente per l’epidemia di febbre spagnola, a distanza di pochi mesi dalla conclusione di quel viaggio difficile e faticoso. Da qui l’idea di intitolare “Memorie di un esodo” la curiosa iniziativa portata a termine ieri.

Ad attendere la comitiva al traguardo a Treschè Conca, frazione del comune roanese, c’erano alcuni residenti, appassionati di storia, amici giunti da Nanto e dintorni e le autorità cittadine in piazza. Domenica mattina una breve sfilata sul tratto conclusivo verso la chiesa e una cerimonia di benedizione del cimelio che ha attirato tanta curiosità e interesse hanno concluso la quattro giorni di cammino. Sulla strada, ma anche indietro nel tempo. E concesso ai “macinatori” indefessi di chilometri rientrare a Nanto e dintorni stavolta comodamente a bordo delle auto salite in Altopiano per l’occasione speciale. Tra le tappe e i break sul percorso studiato per evitare le vie trafficate anche Thiene, Zugliano e Chiuppano nell’Altovicentino, con qualche cappello da “contadino” a spuntare, abiti umili d’epoca e il tipico copricapo delle “Penne Nere” a riparare dal sole i partecipanti.