“Selfie, ostriche e dj set: così abbiamo tradito la montagna”. I lettori scrivono


In un’estate dove tante sono le mail giunte alla nostra Redazione sul tema della montagna, pubblichiamo integralmente questa che, oltre ad una riflessione personale non banale, offre anche uno spunto di proposta.
Da quando sono andato in pensione, ho scelto di vivere qui, sull’Altopiano dei Sette Comuni. Non è stata una fuga, ma un ritorno. Un ritorno a ciò che sento mi riappacifica quasi in una connessione ancestrale: il silenzio che parla, il vento che racconta, il passo lento che misura la distanza tra l’uomo e la natura. Ma oggi, guardandomi intorno, mi chiedo se la montagna – parlo osservando anche ben oltre l’altopiano – che ho amato esista ancora. La montagna non è più montagna. È diventata palcoscenico. Un fondale per selfie, un set per l’istantanea perfetta da postare. Non importa dove si è, ma solo che si sia lì, nel posto visto su uno schermo. Non c’è più la curiosità di sapere, di capire, di ascoltare. Conta solo apparire.
E così si sale, fin dove l’auto arriva e anche oltre, all’improvvisata, vestiti come per una passeggiata sul lungomare. Le Prealpi e le Dolomiti trattate come fossero Caorle o Sottomarina. Senza preparazione, senza rispetto, senza quel decoro che un tempo faceva parte del viaggio. La montagna richiede misura, richiede consapevolezza. Non è un luogo da conquistare, ma da meritare. Poi c’è chi si improvvisa rocciatore, alla ricerca del brivido. Non più disciplina, non più studio, ma esibizionismo ignorante. Equilibristi della domenica, sospesi tra arroganza e incoscienza. E quando qualcosa va storto, corrono i soccorritori del Soccorso Alpino. E paga pantalone. Paga la collettività. La montagna è di tutti, sì. Ma non tutto è per tutti. E questo non è elitismo, è buon senso. Dove sono finiti il rispetto, la misura, la responsabilità?
Le amministrazioni e gli enti turistici hanno la loro parte. Inseguono numeri, vendono spesso una montagna facile, da cartolina. “Voi chiedete, noi diamo”. E così nei rifugi arrivano le ostriche, i dj set, le luci stroboscopiche. Un minestrone svilente di proposte che non nutre, ma stordisce. È questa la montagna?
L’età porta a dolersi di tutto, è vero. Ma sento di poter andare oltre la lamentela fine a sé stessa. E allora propongo. Cultura. Storia: al netto di sporadiche commemorazioni senza coinvolgimento se non di nostalgici decorati e sindaci annoiati dietro ai loro gagliardetti. Invitati i giovani! Regaliamo a loro la storia sepolta in quelle montagne! Info point che raccontino la flora, la fauna. Tabellazioni che parlino dei profumi, delle leggende, delle voci del bosco. Esperienze di silenzio, di pace, di ascolto. Non il “vi diamo tutto”, ma il “vi diamo ciò che altrove non c’è”. Questa è la montagna. Quella vera. Quella che non si fotografa, ma si vive.
Con rispetto, Un amante della montagna