Inquinamento Pfas: esposti del M5S alle Procure, per Pd e Amp “Regione debole”

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La sede della Miteni a Trissino

“Zaia appare lontano dal territorio e male informato sui Pfas: la Miteni continuerebbe a produrre sostanze a ‘catena corta’ che, a detta di esperti del settore e addetti ai lavori, sarebbero più pericolose di quelle a ‘catena lunga’ prodotte in passato e che potrebbero passare attraverso i filtri pensati per la vecchia produzione. Mentre il Presidente della Regione dice che non ci sono più rischi”. Ad affermarlo sono Jacopo Berti e Manuel Brusco, rispettivamente capogruppo e consigliere del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale del Veneto.

M5S in Procura. “Il Movimento 5 Stelle ha presentato alla Procura di Venezia e a quella di Vicenza esposti sull’argomento contro la Miteni e contro la Regione. Il Governatore del Veneto è ancora una volta male informato dai suoi – aggiungono gli esponenti pentastellati – e nella sua torre d’avorio a Palazzo Balbi continua a non avere un quadro completo della situazione che sta diventando sempre più complessa. E i soldi che sono stati spesi o stanziati per filtri, controlli e ricerche varie saranno letteralmente gettati via a causa di questo corto circuito nella catena di comando regionale”. “A questo punto dobbiamo dar retta alle voci insistenti che darebbero per imminente il siluramento di uno dei suoi assessori – conclude Berti – dato che Coletto, Pan e Bottacin sarebbero nel mirino da quando Zaia ha scoperto che gli sarebbe stata tenuta nascosta la lettera di Mantoan, direttore generale della sanità veneta, sulla pericolosità dei Pfas e sulla necessità di spostare quanto prima la fonte dell’inquinamento”.

Guarda (Amp) e Zanoni (Pd): Zaia contraddittorio e debole. “Sulla vicenda Pfas, Zaia continua a seguire una linea contradittoria e a dir poco morbida. Prima la Regione sforna i dati di un dossier sulle patologie materne e neonatali sostenendo la necessità di approfondimenti e subito dopo il presidente dice che va tutto bene. Sulla Miteni, l’azienda di Trissino ritenuta la principale responsabile della contaminazione, allontana ogni ipotesi di chiusura o allontanamento ma manca di ricordare che comunque questo sito continua a produrre perfluoro-alchilici di catena corta i quali difficilmente vengono trattenuti dai filtri a carbone attivo che sono stati applicati per depurare l’acqua di scarico. Arriverà il giorno in cui Zaia la smetterà di barcamenarsi mettendosi fino in fondo a difesa dei cittadini?”. A dirlo sono i consiglieri regionali Cristina Guarda (vicentina, lista Alessandra Moretti Presidente) e Andrea Zanoni (Pd).

“La Giunta regionale – continuano Zanoni e Guarda – è rimasta troppo a lungo ferma al palo. Col risultato che non esiste alcuna pianificazione per le bonifiche e nessun progetto per la creazione di un nuovo sistema di rete degli acquedotti, in particolare per Lonigo, nonostante i servizi idrici abbiano presentato proposte nel passato. Solo ora, dopo quattro anni di ritardi e dopo che il governo ha stanziato 80 milioni di euro, la Regione tenta di fare regìa”.

I due consiglieri regionali ricordano a Zaia che “è in corso il riesame dell’autorizzazione ambientale da parte della Provincia di Vicenza. Un riesame che prevede un tavolo di confronto, già attivato, con tutti i soggetti chiamati ad esprimersi su questioni ambientali, quindi il Comune, la Regione, Arpav, il Genio Civile, la Ulss, il Ministero, il gestore del ciclo idrico integrato. Stupisce che Zaia, ancor prima dell’esito di questo riesame, tiri già le sue conclusioni ‘morbide’. Una cosa è certa: lo stesso sbandieratore dell’autonomia veneta ha ampiamente fallito, nel caso dei Pfas, proprio su uno dei principali terreni di competenza regionale, ovvero quello ambientale. Tante parole, ma i fatti stanno a zero”.

La preoccupazione dei sindacati. A chiedere che la Regione si assuma la responsabilità di guidare l’emergenza, nei giorni scorsi erano stati anche Cgil Cisl e Uil vicentine, preoccupate non solo per l’inquinamento ambientale e per la salute dei cittadini, ma anche per la salute dei lavoratori che operano e che hanno operato all’interno del sito oggi della Miteni. In questo senso i segretari generali di Cgil Giampaolo Zanni,  Uil Grazia Chisin e Cisl Riccardo Camporese hanno reiterato la richiesta fatta a fine luglio 2016 alla Regione: “convochi un incontro con azienda ed enti preposti ai controlli come Arpav, Conferenze dei sindaci e Province, per giungere ad un protocollo d’intesa finalizzato a capire come muoversi in modo coordinato per affrontare il problema e nel lungo termine risolverlo. Da allora nonostante i solleciti il promesso incontro con l’assessore Bottaccin non è mai stato convocato”. I sindacati avevano anche chiesto al servizio sanitario regionale di allargare la popolazione sottoposta a screening e di monitorare in modo molto più accurato la salute dei lavoratori dipendenti di Miteni, delle ditte esterne e dei pensionati dell’azienda.

“Sequestrate la Miteni”. Il sequestro dell’azienda chimica Miteni è la richiesta alla Magistratura che nei prossimi giorni verrà messa in atto dalle associazioni e dai comitati impegnati dalla parte dei cittadini. Lo ha annunciato a Verona pochi giorni fa l’avvocato Luca Tirapelle, che sta seguendo la vicenda da un punto di vista giudiziario.