Maxi frode da 12 milioni di euro con il vino edulcorato, arrestato un vicentino

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C’era anche un vicentino – e con un ruolo di primo piano – nell’organizzazione criminale sgominata questa mattina dalla guardia di finanza di Caserta per una maxi frode compiuta edulcorando vino con lo zucchero. Si tratta di Fabio Nichele, 53 anni, di Mason Vicentino, arrestato all’alba dalle fiamme gialle insieme ad altre otto persone (quattro ai domiciliari e cinque con l’obbligo di firma). Oltre agli arresti, sono stati sequestrati preventivamente beni immoli, conti correnti e partecipazioni societarie per la considerevole cifra di 12 milioni di euro. 36 complessivamente le persone indagate in una complessa indagine che si è sviluppata fra la Campania, il Veneto, la Sicilia e la Puglia.

L’attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord, ha visto impegnati i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Caserta e gli ispettori dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Le persone coinvolte sono gravemente indiziate di aver costituito e fatto parte di un’associazione per delinquere, con base operativa in provincia di Napoli: avrebbe commesso sia parecchi reati tributari che immesso illecitamente nel mercato italiano partite di zucchero, soprattutto di origine serba e slovena, commercializzate da una società – la A.M. srl con sede a Sant’Antimo (Napoli) e luogo di esercizio in Carinaro (Caserta), che le vendeva “in nero” a numerosi operatori nazionali del settore vitivinicolo per la sofisticazione dei loro prodotti.

Le fiamme gialle hanno incrociato le informazioni assunte con intercettazioni telefoniche, registrazioni video, attività di osservazione, controllo e pedinamento, comparando il tutto poi con le annotazioni ufficiali sul registro telematico di carico e
scarico delle sostanze zuccherine presente sulla piattaforma Sian (il Sistema Informativo Agricolo Nazionale). E’ così emersa l’attività dell’organizzazione criminale, che si muoveva anche all’estero e che ha operato in modo fraudolento nel mercato vitivinicolo, avvalendosi di una fitta rete di persone e imprese compiacenti dislocate nelle varie regioni, fra cui – appunto – anche il Veneto. Imponenti le quantità di saccarosio sequestrato: ben 900 tonnellate, che fanno presumere che le quantità di vino sofisticato siano davvero imponenti.

Le 36 persone coinvolte sono indagate, a vario titolo, per una sfilza di reati che vanno dall’associazione per delinquere alla frode nell’esercizio del commercio, dalla vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine al falso in registri e notificazioni, dalla dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti all’omessa dichiarazione fiscale, dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti fino all’autoriciclaggio.

In particolare, la banda si approvvigionava di masse di saccarosio di provenienza estera (Croazia, Isole Mauritius Serbia e Slovenia) che venivano veicolate alla società A.M. attraverso l’interposizione fittizia di imprese che fungevano da “cartiere” nazionali (cioè formalmente attive ma di fatto non operative), risultate essere anche inadempienti agli obblighi fiscali. Il ruolo nevralgico di punto di contatto con i fornitori esteri di zucchero era svolto proprio da Nichele (gli altri tre arrestati appartengono tutti alla famiglia casertana degli Aimone).

L’organizzazione criminale riusciva a commercializzare a imprenditori vitivinicoli compiacenti lo zucchero evadendo le imposte e a prezzi estremamente competitivi. In questo modo, questi compravano “in nero” partite di zucchero che non avrebbero potuto acquistare, dato che la normativa nazionale e comunitaria non consente la detenzione di sostanze zuccherine e, ancor più, il loro impiego nella produzione del vino. Lo zucchero finiva così nelle cisterne di vino, in quello che si chiama “autoriciclaggio merceologico”. Il vino insomma aumentava la sua gradazione alcolica grazie allo zucchero. Oltre a sofisticare il vino (di bassa qualità e privo di certificazioni come Doc e Igp), le operazioni servivano anche per produrre mosti, mosti concentrati e zuccheri liquidi d’uva che poi venivano venduti ad ignari acquirenti.

Il sequestro di beni, azioni e conti correnti per oltre 12 milioni di euro riguarda invece i profitti che i membri dell’organizzazione avrebbero ottenuto dai reati tributari collegati all’attività criminale. Per farlo, i finanzieri hanno anche fatto ricorso all’istituto della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche che consente – con determinati presupposti (nel caso specifico, la contestazione della vendita di
sostanze alimentari non genuine come genuine) di aggredire il patrimonio delle società
che hanno tratto vantaggio dalla commissione dei crimini da parte di chi aveva funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione all’interno delle aziende stesse.