La droga veniva servita al bar: tre arresti con l’operazione “Fenice” dei carabinieri

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E’ durata nove mesi la vasta indagine dei carabinieri di Marostica che ha portato allo smantellamento di una organizzata rete di pusher che rifornivano di cocaina, marijuana e hashish il territorio di Tezze sul Brenta, utilizzando un bar come luogo di spaccio. Cinque le persone arrestate, altre tre denunciate in stato di libertà, mentre sette soggetti sono stati segnalati in Prefettura quali assuntori. Sequestrati complessivamente 17 grammi di cocaina, 71 di marijuana, 24 di hashish e 137.500 euro: ben 560 le cessioni di droga documentate.

Le indagini erano iniziate nel novembre scorso, quando i carabinieri della stazione di Marostica durante un controllo avevano trovato una persona in possesso di una dose di cocaina, che confidava di aver acquistato poco prima all’interno del bar “Fenice” di Tezze sul Brenta, dai gestori del locale: Vito Antonio D’Armento  e Erika Csako. I militari hanno quindi effettuato una perquisizione domiciliare sia presso il bar che nell’abitazione dei due, attigua all’esercizio, trovando oltre 135 mila euro e 17 dosi di cocaina, consegnate spontaneamente dallo stesso D’Armento. Oltre al denaro ed allo stupefacente, i carabinieri in quella occasione avevano posto sotto sequestro anche gli hardisk dell’impianto di videosorveglianza, da dove era possibile visionare immagini che consentivano di documentare i movimenti e le attività dei due che si susseguivano nella casa e all’interno del bar.

I “core business” della loro attività, insomma, non erano tanto i croissant e i cappuccini serviti ai clienti del bar, ma il repertorio di droghe che altri clienti erano abituati ad acquistare nel locale. Dai video i militari dell’Arma – coordinati dal comandante della compagnia bassanese Filippo Alessandro – hanno infatti potuto appurare che fra il 25 ottobre e il 15 novembre 2019, quindi in sole tre settimane, i due baristi avevano effettuato dentro al bar ben 554 cessioni di cocaina nei confronti di vari avventori, con una media di 30 cessioni giornaliere e picchi nei giorni di venerdì e sabato di oltre 50 cessioni per oltre 70 dosi.

I filmati della telecamera mostravano chiaramente gli avventori che, entrati nel bar, ordinavano e consumavano caffè od altro e, all’atto di pagare, ove fossero in cerca di cocaina, consegnavano al D’Armento o alla Csako prima l’importo della consumazione che veniva riposto nel cassetto del registratore di cassa, e poi delle banconote di taglio più grosso a seconda del quantitativo richiesto, le quali venivano riposte in una busta situata accanto al registratore di cassa dove si trovava pure un barattolo contenente le dosi di cocaina, le quali venivano dal cassiere di turno estratte dal barattolo e depositate sul banco da dove venivano subito prelevate e velocemente conservate in tasca o nel portafogli dall’acquirente. Gli inquirenti di Marostica, in base a questi riscontri, hanno quindi proceduto all’identificazione degli avventori che, posti di fronte ai fatti, hanno confermato quanto accaduto.

A rifornire delle partite di droga i due gestori, gli inquirenti ritengono fosse Khalid Dahir, che in un paio di occasioni si era recato al bar a consegnare lo stupefacente, un’attività che veniva preceduta sempre da contatti telefonici con il D’Armento e da messaggi Whatsapp memorizzati sul telefono cellulare sequestrato al barista. Dai filmati visionati dagli inquirenti, si vede infatti Dahir entrare nel bar, attendere che Erika Csako si liberi e poi, avvicinatosi alla cassa, le consegna un involucro, dopo di che questa si allontana e poi ritorna ed inizia a consegnare le dosi di cocaina a due clienti in attesa. L’involucro ricevuto veniva portato all’interno dell’abitazione e nascosto in un cassetto. Si capisce anche che il D’Armento preleva da questo cassetto un cospicuo numero di dosi di cocaina preconfezionate e le spostava all’interno di due barattoli, quelli che di solito lui e la Csako utilizzavano per riporre le dosi di cocaina e portarle nel bar dove avveniva lo spaccio agli avventori.

La coppia era stata quindi arrestata per spaccio e si era presentata in tribunale con rito direttissimo, buscandosi una condannata in primo grado e venendo successivamente rimessa in libertà. Ciò nonostante, i due avevano continuato imperterriti nella lucrosa attività di pusher, continuata anche quando il bar era chiuso per l’emergenza Covid: lo spaccio, in questo caso, avveniva addirittura nell’area del piazzale antistante al bar, dove i militari hanno effettuati alcuni riscontri mediante l’identificazione dei consumatori ed il  sequestro della dose. Lo scorso 29 maggio, la coppia era stata pure denunciata in stato di libertà sempre per spaccio, poiché sorpresi a cedere droga ad una persona – anch’essa poi indagata direttamente dalla Procura per spaccio di droga – e trovati in possesso di due dosi di cocaina, due grammi di marijuana e di 1.860 euro. In questi giorni, infine, la conclusione delle indagini grazie agli elementi di prova raccolti, che hanno consentito al pm Alessandra Block di ottenere dal giudice per le indagini preliminari, Massimo Gerace, l’emissione di tre ordinanze di custodia cautelare di cui due in carcere, per D’Armento e Csako, ed una agli arresti domiciliari per Dahir, eseguite il 29 giugno.

L’azione di contrasto dello spaccio di droga nel bassanese è stata particolarmente importante nell’ultimo anno: nel periodo fra il primo giugno giugno 2019 e il 30 giugno 2020 sono stati effettuati complessivamente 23 arresti, 13 denunce in stato di libertà e sequestrati oltre un chilo di cocaina, oltre due chili di hashish e oltre 3 chili di marijuana, con la segnalazione in Prefettura di 148 consumatori.