Cuore e Psiche – Il burnout lavorativo

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Le nuove dinamiche in ambito lavorativo, instauratesi dopo gli anni ’50 del ‘900, hanno dato origine ad alcuni fenomeni cui è risultato fondamentale conferire un’etichetta. Tra le nuove definizioni nate nell’ambito della psicologia del lavoro spiccano alcune in riferimento al “bornout”, al “mobbing”, o ancora al “workaholism”.

In anni in cui la pratica lavorativa ha inizio sempre più tardi per la maggiore specializzazione richiesta alla persona, tutti i ritmi di vita e il raggiungimento dell’autonomia scalano in avanti e sono più lentamente conquistati. Accade così che gli anni passati tra i banchi scolastici e universitari aumentino progressivamente. Di conseguenza, ad un’età sempre maggiore le persone possono definirsi adulti in grado di badare alle proprie necessità e richieste. L’autonomia domestica e la formazione di una propria famiglia in giovane età sembrano infatti diventare un’esperienza utopica sempre più lontana e irraggiungibile.

In Italia, rispetto ad altri paesi, queste dinamiche sembrano essere ulteriormente accentuate e consolidate nel tessuto nazionale. C’è chi addirittura parla di una “sindrome del ritardo” [Livi Bacci 2008] in riferimento al caso italiano. I “sintomi” riscontrati in questa sindrome sono “l’allungamento dei processi formativi, la posticipazione dell’ingresso nel mercato del lavoro e tassi di attività ed occupazione più bassi della media europea. Inoltre si riscontrano forme contrattuali atipiche, precarietà, elevata età alla quale si lascia la casa dei genitori per raggiungere l’indipendenza abitativa, la posticipazione dell’inizio di una stabile vita di coppia (con un’unione di fatto o con il matrimonio) e il ritardo nella transizione alla genitorialità”. (Albiero, Psicologia dell’adolescenza).

Tutto ciò può portare le persone a pensare di dover accettare condizioni lavorative anche esasperanti, reprimenti e limitanti. Quando l’alternativa a tale condizione è la disoccupazione, diviene infatti difficile opporsi, abbandonare il lavoro e sperare di trovare velocemente un’alternativa. Ed è così che gli orari di lavoro richiesti al dipendente aumentano senza seguire quanto previsto da un contratto di lavoro a tempo determinato che forse non verrà nemmeno rinnovato.

Tuttavia fenomeni destabilizzanti come quelli precedentemente descritti si verificano in tutte le fasce d’età e non solo in quella degli ‘adulti emergenti’, colpendo anche i lavoratori di una vita che si vedono privati, in alcuni casi, della stabilità di un lavoro e di uno stipendio.

Queste nuove dinamiche aumentano i casi di ansia, depressione, inadeguatezza, instabilità emotiva e compromissione dell’autostima. Accompagnati dall’idea “di non valere abbastanza, di non essere all’altezza o sufficientemente bravi”. Nella peggiore dei casi tutta questa serie di sintomi può sfociare in un quadro clinico seguito da tentati suicidi e autolesionismo.

Dato che il lavoro è uno dei mezzi grazie a cui la persona compleata l’auto-realizzazione personale, periodi prolungati caratterizzati dall’incertezza occupazionale possono scalfire l’idea di sé e del proprio valore interiore.

In psicologia è risultato appunto fondamentale indagare le compromissioni che l’area del lavoro è in grado di provocare. Tra le più negative ha delineato la sindrome del burnout, la quale ha conseguenze sul piano cognitivo, fisico e comportamentale. La persona con tale sindrome vive uno stress lavorativo tale da trascurare gli affetti, conferire al lavoro un’importanza eccessiva, mostrare segni di aggressività, arrivare ad abusare di sostanze alcoliche o stupefacenti e vivere periodi prolungati di insonnia, emicrania o debolezza.

Il burnout può essere una sindrome che si sviluppa in seguito a periodi intensi di “mobbing”, ossia di violenze psicologiche, verbali o addirittura fisiche vissute nell’ambito lavorativo.

In questi casi appena descritti la distinzione tra vita personale e carriera diviene sempre più sottile. Questo perché non si riesce ad esercitare pienamente il proprio tempo libero senza avere ricorrentemente nella mente pensieri disturbanti legati a vissuti spiacevoli che indeboliscono la qualità di vita di una persona.

Sono fenomeni delicati, sempre maggiori, che vanno riconosciuti e resi consapevoli. Poter parlare di tutto ciò può divenire la prima scelta positiva per diminuire l’impatto negativo che possono avere sulla propria vita. Il burnout diviene invalidante quando si scorda che vi è molto per cui vivere, al di fuori di un ufficio.