Lo smarrimento delle neomamme e la rete di salvataggio da tendere attorno a loro

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Sulla vicenda della neomamma di Bolzano Vicentino, che ha sbattuto a terra, uccidendola, la figlia di pochi giorni, riceviamo e pubblichiamo volentieri un contributo che tenta una riflessione più ampia.

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Ho partorito la mia prima bimba, dieci anni fa, a Vipiteno. Di giovedì.

Avevo avuto un travaglio estremamente lungo, ero stanca ed il giorno dopo piena di ragadi al seno. Era un ospedale amico del bambino e sicuramente della madre. Una ibclc (acronimo che sta per International Board Certified Lactation Consultant, tradotto in italiano consulente professionale in allattamento materno) si è seduta lì vicino a me e mi ha ascoltata e aiutata in un attacco difficile e con una bambina che restava sempre attaccata schioccando la lingua.

Ero in camera da sola con la mia bimba ma non mi sono mai sentita da sola. Domenica sera non capivo perché nessuno mi avesse ancora proposto le dimissioni. L’ho chiesto al medico che era passato in stanza: “Signora, la dimettiamo quando se la sente. E quando le è partito l’allattamento!”.

Leggo le parole di quella mamma, che solo ora sono di interesse: “Voleva sempre stare attaccata. Avevo solo colostro”.

Non sei l’unica colpevole! Chi è rimasto veramente in ascolto tuo? Chi non ha saputo esserti accanto? Chi ti ha giudicato? Chi non ti ha abbracciato e sostenuto dopo un lutto perinatale? Come hai vissuto quel parto? Chi ti ha dato il messaggio che una mamma è sempre forte? Mille domande e mille ipotesi. Una sola certezza è quella di un dolore che distrugge. Distrugge una società intera.

Tutta la nostra società è un po’ responsabile, quando succede una tragedia del genere. Immagino quella mamma ed il suo smarrimento. Lo vedo nelle tante mamme che incontro ogni giorno con i loro neonati. Ci si concentra principalmente sull’evento parto, ma non si è preparati allo sconvolgimento fisico, psicologico e ormonale che una nascita porta. Soprattutto se non si hanno vicino altre mamme e vissuto la loro esperienza.

Non siamo più quel villaggio di donne che accolgono la puerpera con il suo bambino. Siamo sole con modelli poco reali di donne che ritornano bellissime alla vita di sempre a pochi giorni dal parto. E noi che non troviamo neanche il tempo di farci una doccia, mangiamo dal frigo la prima cosa che capita con un neonato attaccato al seno.

Bisognerebbe togliere alla maternità questo velo di magica bellezza, spogliarla di aspettative e centrarla sull’ascolto: dei propri bisogni e di quelli del bimbo. Riconoscere i pensieri brutti come pensieri normali che ci si può permettere di fare. E non perché siamo pessime mamme. Ma perché siamo normali.

Mi è sempre piaciuta quella frase di Winnicot che dice che “basta una mamma sufficientemente buona”. La sufficienza è 6 e al 6 tutte ci arriviamo!! Se abbiamo in testa un ruolo ben stabilito di madre che deve essere perfetta e pure felice siamo sempre in difetto. Con un bimbo che dovrebbe essere così e cosà ed invece proprio non corrisponde.

Il sostegno alla maternità dovrebbe essere prioritario. Un sostegno vero e non giudicante, che sappia esserci senza dare consigli o imporre modalità ma aiutando a trovare le potenzialità che tutte le mamme hanno. Famiglia, territorio, servizi, ospedale: sono tutte “pedine” di un sistema più grande e nel nostro paese si lavora sempre un po’ in emergenza e senza lungimiranza. Sicuramente, una degenza di 3 giorni è normale e sicuramente ci sono paesi nordici che riducono al minimo i giorni in ospedale. Forse ci si dimentica, però, che in quei paesi (io conosco alcune esperienze in Svizzera e Germania) c’è un’ostetrica dell’ospedale, magari la stessa che era lì durante il travaglio e il parto, che ogni giorno va a casa della puerpera. Sapere che hai una persona competente a cui chiedere e che vedi “anche domani” crea un senso di sicurezza: sai che i tuoi problemi piccoli e grandi verranno ascoltati e si troverà una soluzione adatta.

Anche da noi i servizi nel territorio ci sono. Ci sono associazioni con professioniste preparate e formate nel maternage. Ci sono consultori e farmacie amiche dell’allattamento che hanno personale altamente qualificato. Tutti insieme possono essere una rete a sostegno. Rimane però un vuoto, un silenzio: per quella mamma che non riesce ad esporsi e ad andare, bloccata dalle mille difficoltà pratiche e psicologiche. Lì la lettura del suo bisogno è diversa e dovrebbe essere fatta proprio a domicilio. Oppure in modo precoce dal servizio sanitario, che purtroppo è spesso sotto organico. Mi chiedo anche: quanto ascolto attivo può fare un operatore sanitario se ha alle spalle una serie di riposi saltati? Il buco nero c’è ed è proprio in queste fessure che si insinua.

Non era solo quello in testa a quella madre: il buco nero è in questa società che va di fretta e giudica.

 

Mara

Associazione Coccola di Mamma – Santorso