Agguato a Pesaro: ucciso il fratello di un collaboratore di giustizia

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Agguato nel giorno di Natale nel centro storico di Pesaro. E’ morto sotto una pioggia di proiettili Marcello Bruzzese, 51 anni, calabrese, fratello di un collaboratore di giustizia, colpito a morte mentre tornava a casa nella sua auto, nel centro storico.

Due killer incappucciati hanno atteso il 51enne mentre parcheggiava l’auto in garage. La vittima, scampata a un altro agguato nel 1995, era sottoposta a un programma di protezione speciale. Gli assassini sono poi scappati a piedi lungo le strette vie del centro storico di Pesaro. Al momento dell’agguato la strada era deserta e i negozi chiusi. Anche il vicino ristorante aveva da poco chiuso dopo il pranzo di Natale.

Bruzzese era a Pesaro da circa tre anni proprio perché sottoposto a uno speciale programma di protezione. Abitava con la famiglia in una casa pagata dal ministero dell’Interno. La notizia dell’agguato trapelata nella notte, è particolarmente inquietante poiché in genere, infatti, chi è sottoposto a un programma di protezione entra in un regime di totale segretezza.

Della sicurezza della persona protetta si occupano speciali nuclei di protezione delle forze dell’ordine che dipendono dal Servizio centrale di protezione del Ministero dell’Interno. Vengono inoltre cambiate le generalità a tutti i familiari compresi i figli affinché dalla loro frequenza nelle scuole non si possa risalire ai genitori.

Marcello invece non aveva seguito lo stesso percorso, anche dopo il pentimento del fratello sarebbe rimasto per anni in Calabria. Tuttavia, secondo indiscrezioni, da qualche tempo avrebbe tentato di distaccarsi dall’asfissiante ambiente della Piana. Dopo un primo tentativo di trasferimento al Nord naufragato, da tre anni, insieme alla famiglia, aveva messo radici a Pesaro, ma questo non sembra essere bastato per metterlo in salvo.

Marcello Bruzzese è il fratello di Girolamo, collaboratore di giustizia dai primi anni 2000. La loro non è una famiglia di boss, ma nella gerarchia della ‘ndrangheta, fino agli anni Novanta, vantavano un posto di rango. Il padre Domenico, ucciso in un agguato nel ’95 insieme al genero Antonio Madafferi, era il braccio destro del potentissimo boss Teodoro Crea, padrone incontrastato dell’economia, della politica e dell’amministrazione di Rizziconi, nella Piana di Gioia Tauro.