L’ex boss dei Casalesi Francesco Schiavone diventa collaboratore di giustizia
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Sandokan depone le armi. Francesco Schiavone, capo del clan dei Casalesi, arrestato l’11 luglio del 1998 dopo la cattura in un bunker a Casal di Principe, e condannato all’ergastolo nel maxiprocesso Spartacus e per diversi delitti, dopo 26 anni sta collaborando con i magistrati. A confermare l’avvio della collaborazione con la giustizia del boss sono la Direzione Nazionale Antimafia e la Direzione distrettuale Antimafia della Procura di Napoli, che da alcune settimane hanno avviato i primi colloqui con l’ormai ex boss dei Casalesi, oggi 70enne, detenuto al regime del carcere duro dal 1998.
Secondo quanto si apprende, ai familiari di Sandokan è stato offerto di entrare nel programma di protezione riservato ai familiari dei collaboratori di giustizia, come avvenuto già nel 2018, quando a pentirsi fu il figlio Nicola, e nel 2021 anche il secondo figlio Walter decise di collaborare. Restano in carcere gli altri figli Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine, mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe.
La decisione di Francesco Schiavone, malato di tumore e custode di importanti segreti, potrebbe anche essere un messaggio destinato all’esterno, in particolare per non provare a far riorganizzare il clan. Secondo gli inquirenti la scelta del boss, detenuto a L’Aquila, potrebbe essere un modo per mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di altri possibili successori. Inoltre, grazie alla collaborazione di Francesco Schiavone, i magistrati sperano di poter far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.