Ex Ilva, Urso: “Urge un intervento drastico”. Piano siderurgico nazionale su 4 poli

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In attesa dell’incontro sull’ex Ilva tra Governo e sindacati di questa sera intorno alle 19, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel corso di una informativa al Senato ha ribadito “l’urgenza di un intervento drastico che segni una svolta netta rispetto alle vicende per nulla esaltanti degli ultimi 10 anni”.

Al centro una necessaria iniezione di liquidità e l’esigenza di fornire una prospettiva di sviluppo aziendale che guardi alla riconversione degli stabilimenti. Per questo, ha aggiunto Urso, bisogna ” invertire la rotta cambiando l’equipaggio dell’ex Ilva di Taranto”. Per questo “ci impegniamo a ricostruire l’ex Ilva competitiva sulla tecnologia green su cui già sono impegnate le acciaierie italiane, prime in Europa. L’impianto è in una situazione di grave crisi. Nel 2023 la produzione si attesterà a meno di 3 milioni di tonnellate, come nel 2022, ben sotto l’obiettivo minimo che avrebbe dovuto essere di 4 milioni, per poi quest’anno risalire a 5 milioni”, ha aggiunto Urso.

Programmazione fallita. Il ministro ha quindi sottolineato come “nulla di quello che era stato programmato e concordato è stato realizzato. In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio al tipo di accordo sottoscritto”. “Perfino negli anni in cui la produzione di acciaio era altamente profittevole in Europa, come nel 2019, – ha evidenziato Urso, è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri”.

Le tappe della vicenda. Urso ha ricordato che “nel giugno 2017 era nel frattempo sopraggiunto il governo Gentiloni, ministro il senatore Calenda, la multinazionale indiana ArcelorMittal, primo attore globale, vinse la gara pubblica per assumere in affitto la gestione dell’acciaieria in attesa della acquisizione, pur in presenza di un’altra cordata pubblico-privata cui partecipava perfino Cassa Depositi e Prestiti”.

Nel “2020 firmati patti parasociali sbilanciati”. Secondo il ministro Urso , “di fronte alla minaccia di abbandonare il sito e in assenza di alternative, nel marzo 2020 il governo Conte 2, ministro Patuanelli, avvia una nuova trattativa con gli investitori franco-indiani da cui nascerà Acciaierie d’Italia con l’ingresso di Invitalia al 38% e con la sigla di patti parasociali fortemente sbilanciati a favore del soggetto privato. Patti che definire leonini è un eufemismo”.

Per Adolfo Urso è inaccettabile che Arcelor Mittal si sia “dichiarata disponibile ad accettare di scendere in minoranza ma non a contribuire finanziariamente in ragione della propria quota, scaricando l’intero onere finanziario sullo Stato ma, nel contempo, reclamando il privilegio concesso negli originali patti tra gli azionisti realizzati quando diedero vita alla società Acciaierie d’Italia di condividere in ogni caso la governance, così da condizionare ogni ulteriore decisione”. Questo, ha dichiarato il ministro, “non è accettabile né percorribile sia nella sostanza che alla luce dei vincoli europei sugli aiuti di Stato”.  “Abbiamo quindi dato mandato ad Invitalia e al suo team di legali di esplorare ogni possibile conseguente soluzione”.

“Piano siderurgico nazionale su 4 poli: Taranto, Terni, Piombino e le acciaierie del Nord Italia”. Il ministro del Made in Italy ha ribadito che Taranto ”dovrà riaffermare il ruolo di campione industriale”, con una filiera produttiva che copra l’intero ciclo, “dal minerale al prodotto finito”.

A Terni, “lavoriamo sul solco di quanto fatto dal mio predecessore Giorgetti, per il rafforzamento della produzione di acciai speciali, con un contratto di programma che dovrebbe essere definito entro febbraio”.

Il terzo polo è Piombino, “con le sue enormi potenzialità, in particolare sulle rotaie che fin qui ha sottoperformato e che ora registra l’interesse – oltreché del soggetto presente – di potenziali nuovi investitori stranieri con i quali ci apprestiamo a sottoscrivere un memorandum di intesa per il riavvio della produzione di acciaio”.

Infine il supporto alla acciaierie, soprattutto nel Nord, ” che stanno portando avanti con successo una svolta green senza precedenti, modello di efficienza sostenibile in Europa a cui dobbiamo dare atto dei grandi sforzi fatti”.

Intanto non si ferma l’inchiesta della Procura di Taranto supportati dai rilievi dei Carabinieri del Noe per quanto riguarda le emissioni di benzene dal siderurgico di Taranto di Acciaierie d’Italia. I militari dell’Arma che si sono recati in azienda, hanno acquisito informazioni supplementari e documenti su una vicenda risalente a diversi mesi fa.