Produzione industriale vicentina a -3,8%. Dalla Vecchia su Baxi: “A Bassano politica antindustriale”

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“Lo avevamo purtroppo previsto. Gli ordini, che arrivano o meno, e i nostri magazzini non mentono: sono i migliori indici dell’economia manifatturiera italiana perché il nostro tessuto industriale è variegato e interconnesso con il mondo come nessun altro. Per questo anticipiamo sempre i trend. Lo avevamo detto ed è successo: nel secondo trimestre 2023 la produzione industriale del Vicentino è calata del 3,79% rispetto al medesimo periodo del 2022”, la presidente di Confindustria Vicenza Laura Dalla Vecchia commenta così i dati della 160esima indagine congiunturale degli industriali berici.

Dopo nove trimestri consecutivi di rialzi (dal primo del 2021 al primo del 2023), la produzione industriale scende con un calo molto vistoso: “Il cambio di tendenza c’è stato e si è sentito – aggiunge Dalla Vecchia -. Diverse realtà, finanche interi settori, stanno soffrendo cali di ordinativi ormai strutturali, iniziati già sul finire del 2022. Ora dobbiamo affrontare, tra le altre cose, condizioni di politica monetaria restrittive e cambiamenti epocali in ambito di costo del lavoro, catene di produzione, cambio di tecnologie, legislazione e materie prime. Sul territorio vicentino, veneto e anche a livello di sistema Italia va stimolata la ricerca, pubblica e privata. Dobbiamo sviluppare qui, in Veneto, terra ricca di competenze e capacità produttiva incredibile, le tecnologie del futuro che ormai sono quelle del presente”.

E che il mondo apprezzi quanto sviluppato nel Vicentino lo dicono, ancora, i dati, spiega l’associazione di categoria degli industriale berici. Infatti, se da un lato il mercato interno di questo secondo trimestre 2023 si conferma asfittico, +0,15%, sulla scia della recessione produttiva che colpisce anche l’occupazione, in crescita solo dello 0,75%; è l’export che regge ancora le sorti dell’economia berica (stabilmente prima provincia per export pro-capite d’Italia).
Verso i paesi dell’Ue, nonostante le difficoltà dell’economia tedesca, le esportazioni crescono del 3,98% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In crescita anche rispetto al primo trimestre 2023 (allora fu +2,37%).
Ma è verso i paesi extracomunitari che la crescita dell’export delle imprese associate a Confindustria Vicenza si conferma ancora una volta trainante e strutturale. Il secondo trimestre 2023 fa segnare un +7,58%, mantenendosi sopra quota ‘7’ per il terzo trimestre consecutivo.

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“Alla luce dei dati del primo trimestre 2023, la crescita acquisita del Pil italiano era dello 0,9% e le previsioni più ottimistiche dicono potremmo chiudere a +1,1% – prosegue Dalla Vecchia -. Questo significa che non ci aspetta un secondo semestre di vacche grasse, anzi. E in questa situazione è incredibile come, a Bassano, gli investitori esteri e pure quelli del territorio siano scacciati da gruppi ideologicizzati che, con una visione ancor meno che provinciale, speculano un po’ di consenso a spese delle persone che lavorano. Anzi, di persone che vorrebbero lavorare e che oggi più che mai si trovano con il rischio di starsene a casa in un contesto in cui la curva recessiva della produzione industriale è già iniziata, un’inflazione orribile incombe sul potere di spesa delle famiglie e per non parlare del credito che sconta un rialzo dei tassi che non si è fermato neppure questa settimana”.

La Presidente di Confindustria Vicenza si riferisce al caso Baxi, multinazionale che occupa 700 persone a Bassano del Grappa e che ha richiesto al Comune un ampliamento per creare sul territorio un nuovo stabilimento dedicato alla produzione di apparecchiature per la transizione energetica, ovvero pompe di calore e sistemi ibridi. Proposta di fatto bocciata dal Consiglio comunale cittadino e che rischia di spingere non solo i nuovi investimenti fuori dall’Italia, ma anche l’attuale, storico, stabilimento verso la chiusura.
Confindustria Vicenza in una nota stampa ricorda che “è la seconda volta in meno di dieci anni che Bassano diventa protagonista della cacciata degli investimenti esteri dal proprio territorio. Nel 2014 ci fu il caso dell’americana Alps South che rinunciò a costruire uno stabilimento, da 400 posti di lavoro, nel territorio comunale bassanese, dopo un lungo iter di valutazione”.

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“Non è possibile che investimenti milionari, crescita tecnologica e posti di lavoro siano vincolati in questa maniera. Si tratta di uno schiaffo alla gente che lavora, ancor prima che alle realtà che vogliono portare ricchezza dall’estero al nostro territorio. Ora il Consiglio di Bassano ha sentenziato – ancor prima di un possibile arrivo di tribunale pedemontano che rischia di trovarsi un’area svuotata di aziende e lavoratori, così potremmo avere un’altra bellissima cattedrale nel deserto – che rappresenta una città anti-impresa. Ne saranno fieri i disfattisti che osteggiano la creazione di posti di lavoro e che, con questa vicenda, vedono realizzarsi il primo passo verso il licenziamento di centinaia di persone. Nemmeno di fronte ad un appello che ha visto concordi Confindustria e sindacati si è avuto uno scatto d’orgoglio e di lucidità. È davvero da irresponsabili mandare all’aria investimenti fatti da realtà che portano nel territorio posti di lavoro di qualità, tecnologie, attrattività nei confronti dei giovani. E anche stabilità. Perché se un’azienda, quand’anche fosse una multinazionale, investe milioni per aprire uno stabilimento sul territorio, non è che il giorno dopo delocalizza. Purtroppo va specificato, perché diversi di coloro che siedono sugli scranni delle istituzioni si vede che questa ovvietà non la comprendono. C’è da muoversi affinché la questione non si chiuda così. E con grande rapidità, anche. Per il bene di tutti”.