Thiene, Michelusi sindaco di tutti, anche di quella “destra” che non esiste più

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Giampi Michelusi si è svegliato sindaco questa mattina a Thiene e domani raccoglierà il testimone da Giovanni Casarotto, suo predecessore, che ha sostenuto la sua candidatura e ieri sera era presente in municipio quando, durante lo scrutinio ai venti seggi cittadini, da subito è stato chiaro che l’assessore uscente avrebbe indossato a pieno titolo la fascia tricolore.

Una vittoria non clamorosa, ma annunciata e scontata, con percentuali che non sono state smentite dalla bassa affluenza e che hanno confermato quanto pronosticato dagli addetti ai lavori fin dal primo momento: 60-40 (58,52% contro 41,48% per la precisione).
Affluenza ai minimi storici, con solo il 38,57% degli elettori aventi diritto che è andato alle urne. Complice anche l’estate appena iniziata ma già inoltrata, le scuole finite, le famiglie metà al mare e metà no. Un problema serio, quello delle date di votazioni e ballottaggi, che a Roma dovrebbero prendere in considerazione senza limitarsi a criticare i cittadini di non fare il proprio dovere.

A non fare il proprio dovere a Thiene sono stati in tanti. Su 19.106 aventi diritto, solo 7.369 hanno votato, garantendo la vittoria a Michelusi con 4.237 voti contro i 3.003 dello sfidante Manuel Benetti.
Quest’ultimo, presidente della Pro Loco, indebolito da una squadra frammentata e caotica, dove si sono notati alcuni urlatori, che si sono distinti per prese di posizione violente e scorrette e che si spera escano dalla scena amministrativa thienese prima di fare ancora più danno a sé stessi e alle persone che hanno vicino. Una squadra, soprattutto, che ha dimostrato di esistere non in quanto coalizione politica, ma solo in contrapposizione all’avversario.

Mentre Michelusi da mesi si concentrava sui contenuti ed enunciava e pubblicava il suo lungo programma, infatti, senza soffermarsi sui superati concetti di “destra e sinistra” che poco hanno a che fare con le amministrazioni locali, Benetti e i suoi gruppi ideavano il mantra per far “scoppiare” l’avversario: dire che è di sinistra così la gente non lo vota.
Un concetto bambinesco, una politica che nasconde mancanza di contenuti, che ha di fatto rivelato l’inconsistenza di un centro destra thienese (ma è così in tutto l’Alto Vicentino) che ormai ha raschiato il fondo del barile e che nemmeno i due Deus ex Machina schierati con Benetti (Mariarita Busetti per la Lega “tosiana” che voci di corridoio davano come eventuale vice sindaco in caso di vittoria, e Alberto Samperi per Forza Italia, che tra l’altro in buoni rapporti fra loro non sono mai stati) sono riusciti a far ripartire.

Ad essere spaccata a Thiene infatti, non è solo la destra che ha appoggiato Benetti, ma la destra intera. E’ notorio infatti che Giulia Scanavin, che alle urne ha incassato un ragguardevole 13,41% al primo turno, è stata formata alla vita amministrativa da Attilio Schneck, ex sindaco ed ex presidente della Provincia, uno dei principali volti della Lega nell’Alto Vicentino. Anche Fratelli d’Italia si è spaccato, lasciando pezzi e simbolo a Benetti e altri pezzi “sparsi” e urlanti a Scanavin. Segno che i partiti di destra non hanno forza aggregante, ma anche che non basta urlare contro la sinistra per esistere. Per non parlare di Daniele Apolloni, che attraverso il suo portavoce e capolista Valerio Bassotto ha gridato ai quattro venti che la sua forza stava nel suo “essere di destra”, senza specificare che la sua destra era quella più perdente di tutti, visto che si è fatta notare solo grazie alle offese alla giunta Casarotto e al primo turno si è fermata con il 4,5%.

Di tutt’altra impronta Alberto Ferracin, che con il suo Partito Moderato d’Italia ha preso solo l’1,9%, ma si è distinto per i modi signorili e per un sano spirito democratico che lo ha caratterizzato durante tutta la campagna elettorale.
E’ una destra divisa quella di Thiene. Ed è una divisione imponente, perché se da un lato c’è la parte rissosa e caotica, fatta di slogan da bar e di accuse al vetriolo all’avversario, dall’altra ce n’è una pacata e riflessiva, che non si è fatta trascinare nel gorgo delle maldicenze. Una destra al di fuori dei social e dei bar, che ha letto i programmi e infine ha scelto di votare il civico Michelusi, che nella sua coalizione ha anche il Pd, oppure non ha votato.

Quello che si è svegliato stamattina è insomma un Giampi Michelusi stanco ma grintoso, che ora deve intraprendere la sfida più impegnativa: formare la squadra della giunta, composta da 5 assessori e 10 consiglieri.
Manuel Benetti, che da solo, con la lista a suo nome e senza partiti ha ottenuto la più alta percentuale di preferenze (14,39%), avrà con sé in minoranza due consiglieri della sua lista e un consigliere della Lega. I voti dicono essere Andrea Busin, ma già si vocifera un suo dimissionamento, per lasciare il posto a Simone Furia. Con loro ci sarà Giulia Scanavin, che avrà con sé un altro consigliere, che a rigor di preferenze sarà Federico Mojentale.

Per la squadra di governo, se non dovesse avvalersi di assessori esterni e rispettando le quote rosa che prevedono almeno due assessori donna, Michelusi potrà scegliere tra Anna Maria Savio (Thiene per mano), Andrea Zorzan (Pd), Marina Maino (Pd), Filippo Carollo (Pd), Ludovica Sartore (Thien’è), Carlo Gecchelin (Thien’è), Nicoletta Panozzo (Thiene per mano), Alberto Vecelli (Thiene al centro), Nazzareno Zavagnin (Thiene al centro) e Nicoletta Panozzo (Thiene per mano).

A Michelusi i voti di una parte di destra
Ieri hanno votato 7.369 elettori, contro i 9.542 del primo turno del 12 giugno. In quindici giorni ci sono stati quindi rispetto al primo turno sono mancati 2.173 elettori, un calo del 22%. Se supponiamo che questo sia stato equamente distribuito tra gli elettori dei due candidati sindaci, che avrebbero dovuto avere un pari calo nei voti del ballottaggio, avremmo dovuto registrare una perdita di 1.033 voti per Michelusi e di 650 per Benetti, rispetto al loro risultato di due settimane fa.
Invece l’analisi dei voti ci dice che rispetto al primo turno Michelusi ha perso solo 304 voti mentre Benetti ne ha guadagnati 147. Quindi, rispetto al calo teorico ipotizzato, Michelusi ne ha 730  in più e Benetti 797. Quindi 1.527 voti da dove vengono? Sono elettori che mancavano al primo turno o sono elettori che avevano scelto altri candidati al primo turno?
Sempre utilizzando lo stesso metodo di distribuzione del calo dei votanti, gli elettori che avevano espresso la scelta per gli altri tre candidati (Scanavin, Apolloni e Ferracin) sono 1.410 e quindi verosimilmente questi si sono distribuiti tra i due candidati del ballottaggio.
Considerando la “posizione ideologica” più a destra che a sinistra dei 3 candidati sindaci esclusi dal ballottaggio, si può quindi presumere che Michelusi abbia portato via voti alla destra.