Pietre d’inciampo, la tristezza di vedere Schio all’angolo. Si rilanci il patto di concordia civica

Mette tristezza il fatto che Schio sia salita alla ribalta delle cronache nazionali per aver detto no alle pietre d’inciampo. Molta tristezza. Per più motivi che proviamo ad elencare.

Il primo è che per Schio essere alla ribalta della cronaca nazionale per un fatto del genere non rende onore alla storia della città (medaglia d’argento al valore militare per la guerra di liberazione dal nazifascismo) e alle sue eccellenze, alcune delle quali peraltro celebrate proprio in questi giorni con la bella mostra e le iniziative per i 200 anni dalla nascita di Alessandro Rossi. Quella storia sì meriterebbe di essere conosciuta a livello nazionale!

Il secondo motivo è il fatto che la vicenda è esplosa proprio nel giorno in cui in tutta Italia, Veneto e Vicenza compresi, sono state indagate e perquisite 19 persone, accusate di voler costituire un movimento filo nazista. L’affascinamento di invasati (e a volte borderline) per Hitler e Mussolini deve preoccupare, in particolare chi rappresenta le istituzioni.

Per questo non si possono fare distinguo di fronte alla ferocia, alla sistematicità con cui il regime nazista, con la complicità e l’appoggio di quello fascista, ha messo in atto non solo il genocidio degli ebrei ma anche di tutti gli oppositori e le minoranze. Qualcuno in questi giorni ha sostenuto che solo i familiari delle vittime sono legittimati a chiedere le pietre d’inciampo. Che l’iniziativa debba essere realizzata solo in accordo con loro, è indiscutibile, ma l’assassinio sistematico e pianificato di 15 milioni di persone non è una questione privata, come non è neppure solo una questione ebraica. Quando il male si manifesta in modo così ampio, violento e sistematico, coinvolge tutta l’umanità.

Oggi più che mai c’è bisogno di fare memoria della pagina più nera per l’Europa degli ultimi cento anni, prima che gli ultimi testimoni viventi dello Sterminio finiscano i loro giorni, spesso contrassegnati dall’impegno a far conoscere ai più giovani la barbarie che hanno sperimentato (“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, diceva Primo Levi). Quando non ci saranno più testimoni, rimarranno solo i libri di storia e le visite ai campi di sterminio diventati museo. Porre le pietre d’inciampo sul selciato è un modo – certo non l’unico, ma visibile e concreto – per non lasciar affievolire il ricordo di ciò che è stato. La memoria non è mai divisiva, divisivo è diventato il no del consiglio comunale, tanto più che l’Eccidio – tirato in ballo durante la discussione – ha già il suo momento annuale di ricordo, e quelle morti non sono dimenticate.

Il terzo motivo per cui quanto successo risulta surreale e triste per Schio è che la votazione in consiglio comunale e la polemica che ne è seguita dimostrano che la città pare non aver ancora superato le divisioni legate proprio l’Eccidio del 7 luglio 1945, nonostante il Patto di Concordia civica sottoscritto nel 2005 dal comitato dei familiari delle vittime e dalle associazioni partigiane. Un patto di riconciliazione che – va sottolineato – fu voluto, promosso e realizzato dalle stesse forze che ora hanno portato in consiglio comunale la proposta delle pietre d’inciampo.

Per questo, lanciamo una proposta al sindaco Valter Orsi, che in città gode di un credito ampio e trasversale: aiuti la sua maggioranza a comprendere che, di fronte a proposte come le pietre d’inciampo, i distinguo non hanno senso. Spieghi ai suoi consiglieri – lui che è un politico di lungo corso – che ci sono cose giuste a prescindere, anche se proposte dagli avversari politici, come ha detto anche Luca Zaia. Che ci sono decisioni rispetto alle quali non ci si può chiamare fuori dicendo semplicemente “né questo, né quello”.

Il sindaco e la maggioranza tolgano la città dall’angolo in cui l’hanno cacciata e si facciano promotori loro stessi di una “fase 2” del Patto di Concordia Civica: hanno l’occasione e il tempo necessario per portarlo davvero a compimento. La città ne sarà grata. Aiutino le persone di buona volontà, di qualsiasi parte, a “liberare” i morti di Schio delle etichette (fascisti/comunisti) che 75 anni dopo fanno ancora volgere lo sguardo indietro e non avanti.