Una campagna vaccinale piena di limiti, gestita credendosi i primi della classe

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No presidente Zaia, così proprio non va. Quello che si è visto oggi a Marano Vicentino è indegno: centinaia di persone senza distanziamento, anziani ottuagenari col deambulatore, col bastone, in carrozzina. Tutti in attesa, anche per 4 ore.

Lo diciamo chiaramente: la campagna vaccinale in Veneto fa acqua da tutte le parti. Prima le lettere arrivate in ritardo o ai morti, poi le convocazioni senza prenotazione per gli ultraottantenni. Ancora, le mail di invito ai donatori di sangue e l’annullamento delle stesse nel giro di pochi giorni, fino al caos sulle coorti di età chiamate via via per la somministrazione. Per non parlare, allargando lo sguardo, alla smania di annunciare ogni giorno novità strabilianti che poi non diventano mai realtà: dalla app di tracciamento costata 250 mila euro (mai vista), ai tamponi fai da te (ricordiamo tutti il test in diretta: era il 16 novembre, sono passati quasi quattro mesi).

Presidente Zaia, quello che lei ha detto oggi in conferenza stampa non è accettabile in una regione che pensa di essere “avanzata”, ma nella quale le regole di convocazione delle persone cambiano ogni giorno. Dove i direttori generali incolpano i cittadini di arrivare troppo presto, quando il caos è stato provocato dalla decisione dell’Ulss di convocare chi era senza appuntamento. Dove ad aver creato confusione (e un raddoppio dei tempi) è stata la scelta di vaccinare gli accompagnatori delle persone fragili. Lei oggi ha detto: “Se vogliamo vaccinare e farlo in fretta dobbiamo anche accettare che ci siano code. Di fronte a un vaccino che salva la vita meglio aspettare un paio d’ore o fare programmazioni diverse ed essere vaccinati tra mesi?”. Vada a dirlo a un ultra ottantenne che non riesce a stare in piedi, che ha qualche patologia e magari problemi di incontinenza e che, sfinito, è tornato a casa sua dopo mezza giornata passata in giro aspettando il proprio turno che non arrivava mai.

L’impressione è che la nostra regione, alla faccia dei roboanti annunci quotidiani dalla sede della protezione civile di Marghera, stia non solo navigando a vista (magari per l’ambizione di guadagnare terreno nella “gara” fra regioni) ma venga pure spinta qua e là da qualche ondata che potrebbe essere ben prevista. Non è infatti concepibile che non si riesca a calcolare quante persone possono affluire in un punto vaccini dopo che le hai per varie vie invitate. Qui si stia mancando di rispetto in particolare alle persone più fragili: noi li abbiamo visti, oggi – pazienti, smarriti e sfiniti – aspettare il proprio turno rischiando di essere contagiati dopo essere rimasti in casa per mesi.

La campagna vaccinale contro il Covid – acclamata come la salvezza a ogni punto stampa, fra il disegno di un bambino, gli auguri a un centenario e lo sponsor di una colomba pasquale benefica – era programmabile fin dalla scorsa estate. Ci chiediamo cosa è stato fatto, visto il caos di questi giorni che non può essere spiegato solo con i ritardi delle case farmaceutiche e lo stop ad AstraZeneca.

Se non ci fossero tante parole inutili, tanti annunci, tanta spocchia da primi della classe, se ci fosse qualche dichiarazione in meno e un po’ di modestia in più, si potrebbe essere comprensivi, perché tutti i Veneti sono consapevoli che serve il contributo di ciascuno (anche dei giornalisti, come chiesto sabato dal direttore generale dell’Ulss 7) per condurre in porto un’operazione di questa portata, mai vista prima in Italia.

Ma così no. Meno chiacchiere, presidente Zaia, e più umiltà. O non ne usciremo mai.