Dopo lo sgombero (23 denunciati) , sabato la manifestazione per i “boschi che resistono” alla Tav


Dopo lo sgombero di martedì 8 luglio dal bosco nel quartiere dei Ferrovieri a Vicenza, non si ferma l’impegno di attivisti No Tav e cittadini radunato attorno al comitato “I boschi che resistono” per salvare il bosco urbano. Alle prime luci dell’alba un centinaio di poliziotti in assetto antisommossa avevano circondato il bosco di Ca’ Alte, occupato per impedirne la distruzione da parte di Iricav Due, la rete di imprese incaricate della realizzazione del lotto dell’Alta Velocità fra Verona e Vicenza. Barricate, corpi incatenati, un attivista sospeso su un albero, idranti e ruspe in azione: questo quello che è andato in scena nel cuore di Vicenza, anche se per il momento nessun albero è stato abbattuto. Una resistenza che è andava avanti per ben otto ore.
23 finora le persone denunciate con diversi profili di reato, che dovranno essere vagliati e confermati dall’autorità giudiziaria: occupazione di terreni, interruzione di pubblico servizio, fino alla violenza privata. Gli attivisti hanno presidiato l’area anche oggi, strettamente sorvegliati dalle forze dell’ordine: il quartiere continua ad essere “sorvegliato speciale”.
La ditta incaricata dei lavori ha intanto cementato la strada del cantiere, protetta dalla polizia, mentre per sabato 12 luglio è in programma una manifestazione cittadina “per i boschi, la salute, la giustizia ambientale”. L’assembramento è fissato alle 16 in piazzale Mercato Nuovo, da dove il corteo si snoderà fino alla zona dei boschi (oltre a quello di Ca’ Alte, la difesa riguarda anche il bosco ex Lanerossi, sempre nello stesso quartiere).
Il bosco urbano
L’area verde di Ca’ Alte è oggi a tutti gli effetti un bosco urbano di 14 mila metri quadri, ricco di alberi e biodiversità. “L’8 luglio Vicenza ha vissuto un fatto politico e umano che non si potrà dimenticare. Per otto ore, circa duecento persone – scrivono gli attivisti – hanno difeso il bosco di Ca’ Alte minacciato dal Tav, fronteggiando un vero e proprio assedio: oltre 20 mezzi di polizia, un idrante, celere in antisommossa, ruspe, motoseghe, bracci meccanici dei pompieri. Ma nessun albero è stato abbattuto. Il cantiere si è fermato all’argine del bosco, lungo una sottile striscia di terreno. Il bosco è ancora in piedi, e numerose attiviste continuano a difenderlo”.
“Le barricate, costruite nei mesi precedenti – proseguono gli attivisti in una nota – sono state difese con determinazione, anche sotto il getto degli idranti. Nelle strade circostanti si è formato un presidio spontaneo di solidarietà popolare. Centinaia di persone hanno voluto esserci, resistere, testimoniare. Da qui vogliamo ripartire. Sabato tutte in piazza perché Vicenza merita un’alternativa vera. Merita tutela per la salute, minacciata da inquinamento, Pfas e cantieri invasivi. Non servono nuove grandi opere, ma l’Opzione Zero: migliorare la linea ferroviaria esistente. Non serve un cavalcavia in via Maganza, che comporterebbe un ulteriore impatto ambientale per la città. Vicenza merita di vedere protetti i suoi boschi urbani, come Ca’ Alte e Lanerossi, da restituire alla collettività e non da cementificare. Questo è il nostro territorio, non quello di Rfi, WeBuild o di chi li copre. Chi devasta l’ambiente non costruisce il futuro, lo distrugge. Questa è la lotta di tutte noi: chi respira quest’aria, cresce in questi quartieri, vive questa città”.
Sgombero dei No Tav con gli idranti della Polizia di Stato. Tensione al bosco Ca’ Alte
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