Zaino in spalla, da Malo al Monte Bianco. 600 km per inseguire un sogno

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Davide Deganello sulla vetta del Monte Bianco

Queste righe che seguono raccontano l’incredibile avventura di Davide Deganello, 31enne maladense appartenente al collegio delle Guide Alpine.
A cavallo tra il 2013 ed il 2016 Davide ha percorso a piedi i 600 chilometri con oltre 20mila metri di dislivello che separano la sua casa in pianura dalla più alta delle vette italiane, il Monte Bianco. Un cammino fatto di grande fatiche, sconfitte e ritiri. Ma soprattutto della grande avventura dell’uomo che sfida se stesso e vince, scalando le vette reali e quelle ben più impervie della volontà. Una sfida portata a termine in completa solitudine, senza nessun contatto con la realtà esterna.
Un racconto entusiasmante che fa capire quanto possa fare una volontà ferrea assieme ad una testa dura. Naturalmente col giusto apporto di follia e incoscienza.

Federico Pozzer

 

Sono Davide Deganello, 31 anni, vicentino. Per chi mi conosce “meteo e montagna”.
Dopo quasi 14 anni di lavoro in fabbrica lo scorso marzo mi sono licenziato per seguire la mia vera passione: fare la guida in montagna a tempo pieno.
Per esattezza ho la qualifica di AMM, Accompagnatore di Media Montagna col collegio delle Guide Alpine Veneto.
Fin da piccolo ho sempre avuto una grande passione per la montagna e la vita all’aria aperta. La fortuna è stata quella di aver avuto dei genitori che mi hanno trasmesso queste passioni, permettendo di coltivarle nel tempo.
Una delle bellezze della montagna sta nel fatto che ognuno può seguire la propria strada. C’è chi arrampica assiduamente, chi ci va solo per correre, chi per far semplici escursioni. Io invece seguo le stagioni. Con esse cambiano gli sport e le attività che si possono praticare. Non ho una preferenza, faccio un po’ di tutto. Quello però che mi ha sempre affascinato molto è l’avventura in solitaria, esplorare luoghi mai visti prima dovendo contare solo ed esclusivamente sulle proprie forze.

Ed ecco allora che nel 2012 quando in primavera stavo pensando a come passare le vacanze estive, stanco delle solite settimane da mare, spiaggia e festini, ho deciso di farmi una trekking da solo. Prendere solo un sacco a pelo, tenda e partire. Senz’altro che me stesso. Ma quale percorso fare? Ci sono le Alte Vie nelle Dolomiti, il cammino di Santiago, e molti altri lunghi trekking tracciati. Ma non facevano per me, io volevo tracciare il mio. Non volevo copiare nessuno e volevo fare qualcosa di nuovo, l’avventura dovevo sentirla mia. Volevo misurarmi con me stesso, fisicamente ma soprattutto mentalmente.
Ecco allora un’idea diversa del solito. Partire a piedi da casa, a Malo, pianura vicentina, ed arrivare sulla cima più alta delle Dolomiti, ovvero la regina, la Marmolada a 3343 metri. Ed è quello che a luglio 2012 ho fatto in otto giorni di cammino.

2013, Prima Tappa
Questa prima avventura è stato il preludio di qualcosa di più grande che già si stava formando nella mia mente. Nel 2013 la mia sete di montagna e avventura infatti cresceva sempre di più. Puntavo a qualcosa di grande, di unico e forse di folle.
E così sono partito da casa a piedi, con il solito zaino e la solita tenda. Ma questa volta in più dentro alla mia testa c’era il sogno di raggiungere la cima più alta d’Europa, il Monte Bianco, attraversando lo sbarramento delle Alpi.
Nel mio percorso, dopo aver superato l’alta pianura vicentina, le Piccole Dolomiti, l’alto Garda, il Lago di Ledro, le valli Giudicarie ed essere giunto sull’alto Bresciano in Valle Camonica in sei giorni giorni di cammino, mi sono ritirato per vari problemi fisici. Un primo tentativo finito nel peggiore dei modi, che mi ha messo di fronte a tutti i limiti del mio corpo. Ma non mi sono dato per vinto. Ho continuato a prepararmi e a cullare il sogno di raggiungere con le mie gambe la vetta del Monte Bianco, ripartendo da dove mi ero dovuto fermare.

2014, Seconda Tappa
Così nel 2014 la mia testa dura mi ha riportato a Breno in Valle Camonica, dove avevo un conto aperto con il destino beffardo dell’anno precedente. Sono ripartito col mio cammino, ovviamente sempre puntando il Monte Bianco. Dopo aver percorso tutta l’alta Valle Camonica, aver superato il Passo della Aprica ed aver attraversato gran parte della Valtellina mi son fermato dopo cinque giorni a Domaso, sul Lago di Como. Per la seconda volta la mia avventura si è arrestata per problemi fisici. Ancora una volta il percorso verso la montagna dei sogni mi aveva respinto. C’era una sorta di muro che si alzava di fronte a una settimana di cammino, e non mi lasciava continuare il viaggio. Possibile che per colpa di maledette vesciche e tendiniti non riuscissi ad andare avanti? Non potevo comunque fermarmi a riposare o aspettare che il dolore svanisse. Avevo i giorni contati con le ferie a lavoro, dovevo quindi fare almeno 30chilometri di cammino ogni giorno. A causa dei tempi stretti quindi sono dovuto rientrare a casa per la seconda volta. Bruciavano questi due ritiri, bruciavano molto. Sicuramente ero tornato a casa con due gran belle esperienze. Avevo visto posti nuovi, staccato la spina. Ma personalmente quando mi metto qualcosa in testa devo portarla avanti, devo concluderla. Un’avventura lasciata a metà è un’avventura mai iniziata.

2016, La Conclusione
Ed ecco il 2016, l’anno della mia definitiva rivincita. Il 10 agosto ho preso il treno a Vicenza per arrivare al Lago di Como e ripartire nel mio cammino. Dal territorio lombardo sono entrato in Svizzera, ho costeggiato mezzo Lago Maggiore rientrando in Piemonte, ho raggiunto poi il Lago d’Orta, la Valsesia, la Val di Gressoney passando sotto il Monte Rosa, ho attraversato tutta la Val d’Aosta fino a Courmayeur quando ho raggirato il Monte Bianco a sud per entrare in Francia ed “attaccare” il gigante dalla via normale.
La penultima sera ho piazzato la mia tenda a 1800 metri di quota. Guardavo su e mi dicevo “Davide, ci siamo, l’ultima salita! Solo 3000m ci separano dalla vetta e poi quel sogno atteso, sofferto e combattuto per tre anni finirà con un’esplosione di emozioni”.
Il fisico dopo così tanti giorni si abitua a tutto, i dolori svaniscono, la stanchezza di 10-12 ore di cammino al giorno viene polverizzata dalla voglia di arrivare in cima.
L’ultimo giorno sono partito da quota 3200 metri e mi sentivo come se avessi appena parcheggiato l’auto. Adrenalina a mille, volevo gustarmi l’ultima salita passo dopo passo!
Si può chiamarla soddisfazione? E’ qualcosa che va oltre! Il 24 agosto dopo 15 giorni di cammino in solitaria, in tenda, senza social e gps, sono crollato in ginocchio sulla vetta d’Europa a 4810 metri, e l’uomo freddo che è in me si è lasciato andare al pianto più bello di sempre…