Bagnante con problemi alla vista non ammessa in vasca per via degli occhiali. “Il regolamento è miope”

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Da una parte un regolamento da rispettare, non solo per principio ma per salvaguardare tutti gli utenti in caso di inconvenienti, dall’altra la necessità di rendere accessibile a tutti un servizio nell’ambito del relax, come una vasca di una piscina, per il quale tra l’altro si è corrisposto un biglietto d’ingresso. Rigidità di regole contro elasticità di applicazione, un tira e molla che a volte scontenta un po’ tutti. Di sicuro questo vale per Erika, mamma affetta da problemi alla vista che domenica ha voluto trascorrere con la propria famiglia – con il marito e una figlia alle soglie dei 18 anni – una domenica negli impianti natatori di Schio.

Come del resto altre centinaia di persone in cerca di refrigerio in acqua e con la voglia magari di farsi una nuotata. Una normale “permanenza” insomma negli spazi delle piscine comunali di zona Campagnola, se non per il fatto che l’utente scledense, dovendo portare sempre degli occhiali particolari per poter vedere a causa di una miopia acuta, si è vista preclusa la possibilità di accedere e immergersi nelle vasche. Prima il bagnino e poi uno dei responsabile del centro hanno discusso – educatamente e senza eccessi – con lei, ma non ‘è stato verso di accontentarla.

E’ proprio lei, all’indomani di un’esperienza che le ha lasciato in dote parecchio rammarico, a far presente e raccontare la vicenda, che risale a domenica 13 agosto. “Premetto – dice Erika – di essere portatrice di occhiali da vista per miopia acuta: mi mancano da una vita 10/10 per occhio, ma nonostante tutto non mi lamento, perché con questi occhiali e la correzione riesco a svolgere qualsiasi attività come una persona normale. Purtroppo, con l’avanzare dell’età, la tolleranza alle lenti a contatto è venuta meno. Domenica, data la calura, ci siamo immersi tutti assieme: io, marito e figlia nella vasca bassa, quel tanto da poterci refrigerare un po’. Fino alla cinta, in prossimità del bordo, per poterci godere due chiacchiere, cercando un semplice refrigerio alla calura del pomeriggio”.

In questo momento di avvicina loro un giovane, un assistente ai bagnanti, che “intima” – questo è il termine utilizzato dalla donna nel suo racconto – all’utente di uscire dall’acqua o in alternativa di togliere gli occhiali. “A quel punto mi avvicino e chiedo se avessi almeno l’opportunità di stare attaccata al bordo. No, nulla! Dovevo solo uscire e rimanere seduta a bordo piscina, al massimo con le gambe ammollo. Ho fatto presente la miopia acuta, ma mi sono dovuta accontentare di vedere da distante figlia e marito sguazzare, beneficiando di una manciatina di acqua presa fugacemente dalla vasca per rinfrescarmi un po’ e temendo, nonostante tutto, anche un rimprovero dai sorveglianti”.

Rammarico, che nasce anche dalla constatazione che, ponendo qui l’accento sui temi legati a disabilità e inclusività, si rischia una disparità di trattamento, per quanto giustificata da un motivo oggettivo, vale a dire la possibilità che i vetri di occhiali feriscano altri natanti in caso di – improbabile – rottura in acqua. “Nel frattempo – fa notare Erika – ho constatato con immenso piacere che signore di estrazione mussulmana potevano fare il bagno vestite col “burquini”, che le persone paraplegiche potevano essere accompagnate in vasca, che i disabili potevano giustamente godere di un attimo di refrigerio. Non ho nulla in contrario a tutto ciò, anzi, mi complimento con le piscine di Schio per il prodigarsi nei confronti di una giusta integrazione sociale. Mi rammarica solo il fatto che la sottoscritta, miope a tal punto da non poter rinunciare agli occhiali, sia stata esclusa da una breve e tranquilla interazione sociale in piscina con la propria famiglia”.

Nessuna eccezione per la mamma miope sul piano della vista ma affatto su quello per così dire intellettivo, la prima a riconoscere l’importanza del rispetto delle regole, e che chiarisce di non voler puntare il dito sul personale di vasca. Ma piuttosto far riflettere, quello sì. “Capisco che nel regolamento siano esclusi bagni con “occhiali di qualsiasi tipo”, e non ne faccio una colpa ai sottoposti, ma mi chiedo dove siano finite l’umanità e la tolleranza! Ho tentato di spiegare che, per dovute ragioni, le mie lenti erano oftalmiche e non di vetro e che quindi non avrebbero arrecato danno in caso di rottura. Che senza occhiali avrei visto solo ombre, che al massimo mi sarei intrattenuta in acqua qualche minuto con la testa fuori e rasente al bordo, ma nulla, nessuna tolleranza nei confronti di una 50enne che voleva pacificamente trascorrere 10 minuti di refrigerio in acqua e in famiglia. Sono stata in altre piscine indossando i miei famigerati occhiali da vista, ma umanità e tolleranza nei miei confronti sono state ben differenti”. Poi la chiosa da cittadina, colma di amarezza: “Dov’è finita la tanto decantata “Schio sociale”?”