Trombolisi direttamente in sala Tac: nuove speranze all’ospedale di Santorso per i pazienti con ictus

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Nuova metodica organizzativa all’avanguardia all’ospedale di Santorso: su una paziente di 80 anni residente nell’Alto Vicentino è stata eseguita, per la prima volta in Ulss 7 Pedemontana, una procedura di trombolisi direttamente in sala Tac.

Come noto, la trombolisi è un trattamento terapeutico che consiste nella somministrazione per via endovenosa di un farmaco trombolitico, ovvero in grado di sciogliere il coagulo di sangue che genera il trombo (o embolo) all’interno di un’arteria che è all’origine dell’ictus in atto.

Una procedura salvavita fondamentale, dunque, che generalmente viene eseguita nella Stroke Unit oppure in Pronto Soccorso: “Invece la sua esecuzione direttamente in sala Tac – spiega Roberto Bombardi, direttore della Neurologia dell’ospedale Alto Vicentino – costituisce una innovazione importante, perché ci consente di abbattere i tempi di intervento per una procedura nella quale l’esito è fortemente tempo-dipendente: è dimostrato infatti che se si interviene dopo 3,5 ore dal manifestarsi dei primi sintomi dell’ictus la trombolisi consente ad un 1 paziente su 16 di superare l’ictus senza (o quasi senza) conseguenze a lungo termine, in un 1 paziente su 8 se si interviene dopo 2,5 ore, in 1 paziente su 4 se si agisce entro 90 minuti. Consideriamo che mediamente dal momento in cui si manifestano i sintomi a quando il paziente viene portato in ospedale passa circa un’ora, diventa cruciale allora lavorare per abbreviare il più possibile i tempi di intervento dopo la diagnosi. Proprio con questo obiettivo, d’intesa con i colleghi della Radiologia, della Cardiologia e del Pronto Soccorso, abbiamo messo a punto un protocollo sperimentale che ci consente di svolgere la trombolisi direttamente in sala Tac, non appena abbiamo la conferma della diagnosi, senza necessità di spostare il paziente“.

La procedura
Questo naturalmente implica una revisione dell’organizzazione interna oltre che una stretta collaborazione tra i reparti: quando è in arrivo in ospedale un paziente con sospetto ictus, vengono già preallertati la Neurologia, la Radiologia e un infermiere specificamente formato sulle procedure di trombolisi proveniente dalla Stroke Unit; è in corso un progetto per la creazione di un infermiere per le attività d’urgenza a cavallo tra l’unità coronarica e la Stroke Unit. I componenti dell’équipe si recano quindi già in sala Tac, dove è presente tutta l’attrezzatura per effettuare il trattamento di trombolisi: monitor portatile con Ecg, misuratore della pressione e della saturimetria, monitoraggio della glicemia, cateteri, il farmaco trombolitico ed eventuali farmaci d’urgenza tra cui sedativi e ipotensivi. A questo punto una volta avuta conferma della diagnosi, si procede subito con l’infusione del trombolitico.

Ospedale Santorso dalla pista elisoccorso

“La diagnosi dell’ictus – spiega ancora Bombardi – si fa considerando sia i sintomi del paziente, nel caso specifico la signora era stata colta da afasia, che indica un disturbo nell’emisfero sinistro del cervello, sia la tac, che serve per escludere altre cause come ad esempio una emorragia. Letto il referto del radiologo, abbiamo avuto conferma che era in atto un ictus probabilmente dovuto ad un trombo a livello dell’arteria celebrale media di sinistra e abbiamo subito avviato la terapia, appena 30 minuti dopo l’attivazione dell’equipe. E proprio grazie a questa estrema tempestività, la paziente sta bene e non ha riportato conseguenze dall’ictus”.

Un risultato che apre nuove frontiere: “Questa innovazione ci entusiasma, perché la verità è che come neurologi ci sentiamo spesso impotenti di fronte all’ictus – conclude il direttore di Neurologia -, in quanto si tratta di una patologia che è praticamente impossibile prevedere, può accadere in qualsiasi momento e l’efficacia dell’intervento dipende in misura decisiva dalla tempestività con cui si agisce, ma su questo ovviamente possono influire molti fattori fuori dal nostro controllo. Avere introdotto un modello organizzativo di questo tipo, anche se ancora sperimentale e attivo solo in alcune fasce orarie della giornata, è ora motivo di grande soddisfazione”.

“Innanzitutto siamo felici per la paziente – commenta il direttore generale dell’Ulss 7 Pedemontana Carlo Bramezza -. L’introduzione di questo modello organizzativo inedito è un’ulteriore dimostrazione dei grandi benefici che è possibile raggiungere lavorando in squadra. Si tratta di un miglioramento significativo della capacità di presa in carico che può avere conseguenze decisive per i pazienti”.