Valanga in val di Fassa, morto lo scialpinista De Marchi. I ragazzi di Schio che erano con lui: “Una brava persona”

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E’ morto ieri all’ospedale Santa Chiara di Trento il blogger cremonese di 44 anni Alessandro De Marchi, travolto sabato 10 dicembre attorno all’una da una valanga a Val San Nicolò, in Val di Fassa (Trento). Con lui c’erano sei ragazzi e ragazze di Schio, che si sono tutti salvati.

Esperto di scialpinismo, De Marchi sabato era sprovvisto di Artva, l’apparecchio di ricerca dei travolti in valanga che, insieme a sonda e pala, è uno strumento obbligatorio in diverse regioni per chi fa fuoripista, sci alpinismo o un’escursione sulla neve: trasmette o riceve un segnale che permette di identificare una persona sepolta sotto la neve. Dopo il distacco era stato individuato e estratto da sotto la neve dai soccorritori dopo oltre un’ora di ricerche, rianimato sul posto e trasferito in gravissime condizioni in ospedale a Trento. Poco più di un’ora prima della valanga, aveva pubblicato su Instagram una diretta: “Siamo in diretta da Spazio cielo – Radio nuvola. Qua siamo veramente solo noi” aveva detto. Aggiungendo, nel video che riprende anche i compagni di uscita, “non ci ferma nessuno”.

De Marchi e i ragazzi di Schio in due momenti della diretta video poco prima della valanga

Si son ritrovati domenica, i giovani di Schio coinvolti nella valanga di sabato. Affranti e scioccati, psicologicamente devastati, sanno che avranno bisogno di aiuto per rielaborare quanto accaduto. Due ragazze e quattro ragazzi, tutti fra i 20 e i 24 anni, amanti della montagna, avevano conosciuto giovedì scorso Alessandro De Marchi, di vent’anni più grande, appassionato non solo di scialpinismo ma anche di paracadutismo, windsurf, immersioni e corse in bici, originario di Cremona e residente a Bolzano. Una vita la sua, sempre alla ricerca dell’adrenalina e dell’emozione, come quella che dà essere i primi a scende su un pendio appena innevato.

Alessandro è e resterà sempre una bravissima persona, non avrebbe mai voluto metterci in pericolo perché mi e ci voleva molto bene, nonostante ci conoscesse da poco. Sabato abbiamo fatto un errore di valutazione. Errare è umano, ma in montagna può rivelarsi fatale”. Lo racconta al telefono all’Eco Vicentino Arturo Tomiello, 24 anni, scledense residente a Trento per lavoro: la valanga ha travolto parzialmente anche lui e si è salvato grazie alla fortuna e a una prontezza di spirito che gli ha consentito prima di mettere in atto gli accorgimenti necessari in caso di valanga, poi liberarsi, mantenere il sangue freddo, mettere in sicurezza gli amici e iniziare subito le ricerche di Alessandro.

Il momento del ritrovamento di Alessandro De Marchi sotto la valanga in val di Fassa (Trento)

“Giovedì scorso l’abbiamo conosciuto salendo con lui in Marmolada. In quella occasione avevamo parlato molto anche dei rischi della montagna – racconta Tomiello anche a nome dei compagni – e della necessità di adeguarsi al gruppo quando l’uscita è con persone che non si conoscono. Venerdì poi l’avevo sentito per avere consigli su posti in cui andare in uscita con i miei amici e aveva deciso di aggregarsi. Ci dava sicurezza perché abita da quelle parti, è in montagna ogni fine settimana e ci aveva raccontato di essere diventato guida alpina in Austria, una decina di anni fa. In val San Nicolò era stato anche pochi giorni fa: avevamo scelto quella escursione perché si adattava al nostro gruppo, dove non tutte le persone avevano lo stesso livello di esperienza”. Arturo era il più esperto della comitiva di Schio: fa scialpinismo dal 2017, quando ha fatto il corso specifico col Cai.

Sabato la giornata era iniziata senza problemi. “L’idea era di fare un’uscita tranquilla, siamo saliti e poi Alessandro ci ha proposti di andare al Rifugio San Nicolò, dal quale poi vedere per dove scendere. Dovevamo capire se arrivarci dalla destra o dalla sinistra: io vado spesso in montagna, ma mi son fidato della sua esperienza e siamo saliti sulla destra, anche se sulla sinistra pareva esserci meno neve. Avevamo con noi sonde, pala e Artva, che il mio gruppo ha attivato quando è aumentato il grado di difficoltà. Non ero convintissimo della scelta di salire sulla sinistra, ma non me la son sentita di contraddire una persona con più esperienza di me. Alessandro era convinto che la neve fosse solida, ma per sicurezza a un certo punto abbiamo deciso di stare lontani fra di noi. Il mio amico con più esperienza era davanti di dieci metri, poi Alessandro e quindi io, gli altri dietro. Faccio scialpinismo da cinque anni e in montagna ci vado abbastanza: cerco di non portare gli amici in situazione di pericolo”.

 

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La valanga – di 300 metri di lunghezza e 30 di fronte per mezzo metro di altezza ma con cumuli importanti di neve in alcuni punti – è partita cinquanta metri più in alto rispetto a dove si trovava la comitiva: “Sono arrivato dove era fermo Alessandro, ho sentito un rumore, mi sono guardato intorno, poi ho guardato su. Non capito subito che era una valanga. Ha preso parzialmente il mio amico che era davanti, che si è fermato fra gli alberi e ha preso una botta sul gomito e a un fianco, mentre io e Alessandro l’abbiamo presa in pieno, perché eravamo al centro in quel momento. Gli altri non son rimasti coinvolti. Io sono riuscito ad appoggiarmi sopra alla neve per un po’, ho cercato di tenere i piedi aperti per avere maggiore stabilità e son riuscito a sfilarmi le racchette, che potevano essere un impedimento. Ad un certo punto ho sentito una compressione nel corpo e mi son messo le mani davanti alla faccia, per crearmi uno spazio vitale per il respiro. Sono uscito con il viso e una parte del corpo e mi son liberato, mentre gli altri sono rimasti fermi, in silenzio, anche per sentire se c’erano voci”.

Arturo ha avuto la freddezza di spirito necessaria per dare indicazione agli amici su come scendere, raccomandando loro di coprirsi, e si è messo a cercare Alessandro. “Prima l’ho cercato con l’Artva, quando ho visto che non dava segni, ho controllato se da qualche parte affiorava qualcosa: c’era solo uno sci all’altezza del punto in cui mi ero fermato io. Ho quindi allertato immediatamente i soccorsi e iniziato a cercarlo con le sonde: con lo schema di 60 centimetri a quadrato, in linea. Tutto senza esito: “Era come cercare un ago nel pagliaio”. I soccorsi sono arrivati, con difficoltà, dopo mezz’ora: l’elicottero non ha potuto avvicinarsi per mancanza di visibilità e i volontari del soccorso alpino si son dovuti infatti avvicinare con le motoslitte, che hanno arrancato sulla neve fresca.

Il corpo di Alessandro è stato trovato un’ora e mezza dopo l’incidente, in stato di grave ipotermia, più su rispetto a dov’era lo sci. E’ rimasto svenuto per più di un’ora dentro alla neve: i soccorritori dopo essere riusciti a tirarlo fuori hanno iniziato a fargli il massaggio cardiaco, mentre i ragazzi venivano portati via con le motoslitte. Arturo, immobilizzato e imbarellato, è stato trasportato all’ospedale di Cavalese in codice rosso in ambulanza: dalle tac è emerso che non aveva fratture ma solo qualche taglio e contusione. “Ho cercato mantenere la calma e tranquillizzare tutti, li invitavo a respirare, li ho motivati a cercare, a non raffreddarsi, coprendosi bene. Ci siamo lasciati andare solo quando lo hanno trovato, siamo scoppiati tutti in pianto” ricorda. “La foga del momento ci ha portati a sbagliare – ammette – dobbiamo cercare di far si che cose del genere non accadano nuovamente: per fare scialpinismo è fondamentale aver fatto un corso, e decidere prima dove fare l’escursione, prestando attenzione ai fattori oggettivi, senza dare per certo il giudizio degli altri”.